Le carceri come “piazze di spaccio”: il “market” di droga e cellulari dietro le sbarre

Oggi l’ultimo caso a Caltanissetta, quattro giorni fa a Verona. Ormai la vendita di stupefacenti e telefonini è alla luce del sole.

Caltanissetta –  Droga e cellulari in carcere. L’ultimo caso oggi con due arresti nei pressi della casa circondariale siciliana, dopo che nei giorni scorsi i finanzieri dei GICO li hanno individuati perché intendevano utilizzare un drone per recapitare all’interno della struttura carceraria un involucro contenente droga e numerosi telefoni cellulari. Ma ormai, come denunciano i sindacati penitenziari, il market di telefonini e stupefacenti dietro le sbarre è fiorente in tutta Italia.

Solo quattro giorni fa la denuncia è del Sappe, Sindacato autonomo di polizia penitenziaria a Verona: “Il carcere di Montorio come una piazza di spaccio. È oramai continua l’azione di contrasto per l’introduzione, la detenzione e l’uso di telefoni cellulari e droga in carcere che vede quotidianamente impegnati gli uomini e le donne del Corpo di Polizia penitenziaria di Verona”. E Donato Capece, segretario generale del Sappe rinnova al Dap la richiesta di “interventi concreti come, ad esempio, la dotazione ai Reparti di Polizia Penitenziaria di adeguata strumentazione tecnologica di ultima generazione per contrastare l’indebito uso di telefoni cellulari o ogni altra strumentazione elettronica da parte dei detenuti nei penitenziari italiani”.

L’ultimo grave episodio lo aveva denunciato Gerardo Notarfrancesco, segretario del Sappe: “Nella giornata di venerdì 13 settembre a seguito di accertamenti info-investigativi si è provveduto a una perquisizione straordinaria, con l’ausilio del personale unità Cinofili, in una sezione del reparto detentivo dove è stata rinvenuta droga, cocaina e hashish, il tutto ben occultato all’interno delle celle, droga che sicuramente sarebbe stata utilizzata ai fini di spaccio all’interno dell’istituto di Verona”. Il sindacalista spiega che “a seguito della perquisizione, due detenuti sono stati denunciati a piede libero mentre un altro detenuto e stato tratto in arresto”.

A febbraio scorso la vicenda che ha riguardato il carcere di Carinola, in provincia di Caserta. In questo caso droga e cellulari erano all’interno di confezioni sottovuoto di salumi e formaggi. I carabinieri di Capua hanno scoperto un vasto traffico di sostanze stupefacenti, sim e dispositivi telefonici tra i detenuti. Sono in tutto 14 le persone poste in custodia cautelare in carcere e agli arresti domiciliari, tutte indiziate dei reati di “detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti” nonché “accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione” presso il carcere di Carinola. E ancora, tre mesi dopo un altro caso a Velletri. Cocaina e hashish in carcere, ben nascosti, insieme a generi alimentari confezionati sottovuoto e beni di prima necessità, all’interno di pacchi destinati ai detenuti.

Sono entrati così per mesi, tra il gennaio e il giugno 2023, nel carcere di Velletri gli stupefacenti, per un giro di circa 80mila euro. A gestirlo erano alcuni dei detenuti stessi, che potevano contare sulla complicità di amici e parenti. Il vasto traffico, scoperto dai carabinieri di Velletri, ha portato all’arresto di 33 persone per lo più italiane (5 sono donne). Infine un anno fa la scoperta di un market degli stupefacenti nel carcere di Biella. Per questa vicenda sono state eseguite 53 ordinanze cautelari (33 in carcere e 15 agli arresti domiciliari). La polizia ha stroncato lo spaccio all’interno del carcere di Biella.

A parlare del fenomeno allarmante era stato il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri: in 19 penitenziari, grazie all’ingresso dei cellulari “i boss hanno continuato a minacciare e a impartire ordini all’esterno. E così riescono a eludere la detenzione”. L’emergenza è nazionale, attraversa l’intero sistema penitenziario italiano. In ogni carcere “si annidano una media di 100 telefonini, entrano tramite droni ipertecnologici insieme a droga e armi. Con quei cellulari – ricorda Gratteri, “i boss continuano a impartire ordini all’esterno, a minacciare, ad eludere la detenzione. Sconfessando l’ormai celebre dichiarazione del ministro di Giustizia Carlo Nordio: “Un mafioso vero non parla né al telefono, né al cellulare perché sa che c’è il trojan, né in aperta campagna perché ci sono i direzionali”.

Nicola Gratteri

E le mafie, aggiunge “lucrano anche su questo traffico, con tanto di tariffario: 1.000 euro per introdurre uno smartphone, 250 euro una sim, 7.000 euro mezzo chilo di erba e una pistola “10 mila euro” dice in un’intercettazione Vincenzo Scognamiglio (fra i 30 arrestati nel maxi-blitz di ieri a Napoli), uno dei leader di una ‘squadra specializzata’, una sorta di franchising al servizio dell’Alleanza di Secondigliano, capace con i suoi droni, secondo l’accusa, di bucare i sistemi di sicurezza di almeno 19 penitenziari.

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