176 morti e una sensazione di disorientamento, “non l’abbiamo fatto apposta” è la giustificazione che siamo soliti ascoltare dai bambini, quasi fosse la formuletta magica che aggiusta tutto.
“Siamo stati noi: è stato un errore disastroso, uno sbaglio imperdonabile”. Con queste poche parole, racchiuse in un semplice tweet, il presidente dell’Iran, Hassam Rouhani, ha ammesso che l’abbattimento dell’aereo di linea ucraino, che ha provocato 176 morti, è avvenuto per responsabilità diretta delle forze antiaeree iraniane, che lo avevano confuso per un velivolo nemico.
“La Repubblica islamica dell’Iran si rammarica profondamente per questo errore disastroso, le indagini proseguiranno per identificare e perseguire i colpevoli di questa tragedia”, ha aggiunto il presidente. E il generale a capo delle forze aeree delle “Guardie della rivoluzione”, Amirali Hajizadeh, si è assunto ogni responsabilità. Il resto è un silenzio assordante, intervallato dalle proteste degli studenti, che sono scesi in piazza a Teheran per chiedere provvedimenti esemplari e dimissioni e che resteranno ovviamente inascoltati. 176 vittime civili e un tweet di scuse, tutto qui, si volta pagina.
Nell’incidente hanno perso la vita 82 iraniani, 63 canadesi, 11 ucraini, 10 svedesi, 4 afghani, 3 britannici e 3 tedeschi. Ingegneri, dottori, studenti, gente comune con la sola colpa di essere capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato. L’alta percentuale di canadesi si spiega con la circostanza che il volo, diretto a Kiev, avrebbe poi permesso a molti passeggeri di intercettare la coincidenza per il ritorno in nord America.
Resta una sensazione di disorientamento, per due motivi, in particolare. “Non l’abbiamo fatto apposta” è la giustificazione che siamo soliti ascoltare dai bambini, quasi fosse la formuletta magica che aggiusta tutto. Ed è esattamente così: talvolta persino in politica internazionale, evidentemente, dove i rapporti di forza contano più del diritto e ogni volta è un po’ più traumatico prenderne atto. Si registra inoltre che l’ammissione di colpa è pervenuta a giorni di distanza dall’evento. Durante questo arco temporale gli iraniani hanno sempre negato ogni responsabilità, parlando in lungo e in largo di “errore del pilota” o di “guasto meccanico”. Certo, non erano mancati i commenti scettici, ma la maggior parte dei media internazionali li aveva liquidati come complottismi. Ora che si scopre che i complottisti non erano affatto complottisti, pare naturale chiedersi quante altre volte sia andata così. Ustica, ad esempio, è veramente ancora un mistero o abbiamo solo paura di chiamare le cose con il loro nome?