LA VERITA’ SULLA MORTE DI NINO AGOSTINO E IDA CASTELLUCCIO

Il cacciatore di latitanti e la moglie vennero trucidati a colpi di pistola davanti la casa di Villagrazia di Carini il 5 agosto del 1989. Dopo anni di depistaggi e menzogne balzano alla ribalta delle cronache i due boss Nino Madonia e Gaetano Scotto. Sono loro i killer?

PALERMO – Ci sono voluti 31 anni per venire a capo del duplice omicidio nel quale hanno trovato la morte il poliziotto Nino Agostino e la moglie Ida Castelluccio, trucidati a colpi di pistola a Villagrazia di Carini il 5 agosto 1989. A chiedere la mattanza e ad eseguirla di propria mano sarebbero stati i boss mafiosi Nino Madonia e Gaetano Scotto (arrestato lo scorso 18 febbraio assieme ai suoi fratelli Pietro e Francesco Paolo nel corso di una vasta operazione antimafia della Dia di Palermo), con la complicità per favoreggiamento di Francesco Paolo Rizzuto, all’epoca sedicenne, appassionato di pesca come il padre ed entrambi amici di Nino Agostino.

I genitori di Nino, Augusta Schiera morta il 2 febbraio 2019 a 80 anni dopo una lunga battaglia per rendere giustizia al figlio, e il padre Vincenzo Agostino di 82 anni.

Il provvedimento di conclusione delle indagini è stato notificato ai due presunti assassini ed al loro fiancheggiatore dal procuratore generale Roberto Scarpinato. L’atto giudiziario potrebbe significare l’anticamera del processo ma non è detto atteso che, come pare, la procura di Palermo aveva già chiesto l’archiviazione per Madonia e Scotto. Successivamente l’inchiesta sarebbe stata avocata dalla procura generale e affidata ai sostituti procuratori generali Nico Gozzo e Umberto De Giglio. La loro richiesta di arresto per i due boss non sarebbe stata accolta dal Gip palermitano che non ha ritenuto sufficientemente provate le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.

Contro il rigetto la procura generale non avrebbe presentato ricorso decidendo di chiudere le investigazioni. Antonino Agostino, detto Nino, agente di polizia e membro di una squadra speciale anti-latitanti, si trovava nel paese rivierasco con la moglie sposata appena un mese prima e in stato di gravidanza. Mentre stavano per entrare nella casetta di famiglia due sicari, a bordo di una moto, iniziarono a sparare. Nino veniva colpito da diversi proiettili e stramazzava al suolo ormai moribondo mentre la moglie, raggiunta da un solo colpo, si accasciava sul selciato tentando di raggiungere il marito strisciando per terra.

Nino e Ida

Inutili i soccorsi di parenti e infermieri della Cri: i due erano già morti, l’uno accanto all’altra. Alcune ore più tardi, e mentre iniziavano le indagini per una improbabile pista passionale, alcune persone, rimaste non identificate ma pare appartenenti ai servizi segreti che Nino conosceva bene, entravano nell’abitazione delle due vittime (non presidiata) riuscendo a rubare preziosi documenti che riguardavano le ultime indagini del povero poliziotto. Agostino, infatti, stava indagando sull’attentato dell’Addaura dove sarebbe dovuto morire il giudice Giovanni Falcone. Il magistrato aveva pubblicamente riconosciuto, ai funerali della coppia trucidata, che Agostino gli aveva salvato la vita sventando l’agguato al tritolo. Dopo la morte del figlio e della nuora Vincenzo Agostino, il padre di Nino, non si è più tagliato la barba giurando sulla tomba dei due congiunti che l’avrebbe fatto soltanto dopo la cattura degli assassini.

la stele che ricorda i due coniugi ammazzati dalla mafia a Villagrazia di Carini.

L’inchiesta, tra presunti depistaggi e lungaggini ingiustificate da far paura, non era approdata a nulla ma, adesso, la speranza si rinnova per tutti i cittadini onesti:

”… Vedremo che cosa succederà – commenta Vincenzo Agostino – lo ripeto sino alla nausea: mi taglierò la barba quando gli assassini di Nino e Ida verranno sbattuti in galera per sempre…”.

l’arresto del 16 febbraio scorso di Gaetano Scotto sotto inchiesta per altri gravi reati oltre che per la morte del poliziotto e consorte.

Anche alla luce dei recenti arresti della Dia nel corso dell’operazione denominata “White Shark” contro gli affiliati alla famiglia mafiosa dell’Arenella, una delle più rappresentative del mandamento di Palermo-Resuttana, è probabile che si giunga alla verità più velocemente ma il condizionale è sempre d’obbligo:

“…Una fioca luce in fondo a un lungo e triste tunnel lungo 31 anni – ha aggiunto Leoluca Orlando, sindaco di Palermo – un tunnel fatto di silenzi anche istituzionali, stranezze e quelli che sembrano depistaggi studiati ad arte per coprire qualcuno. Come sempre, un affettuoso pensiero non può che andare a Benedetta, la mamma che per tanti anni ha continuato a chiedere, con il suo composto dolore, che fosse fatta giustizia. Che questo diritto sia almeno garantito a Vincenzo che ci ricorda la necessità di non dimenticare e continuare a batterci per la verità…”.

Gaetano Scotto ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nella morte dei due coniugi ma le nuove indagini pare dimostrino il contrario.

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