Testimone di una rissa al bar, il ragazzo aveva seguito il compagno della madre all’incontro risolutivo tra le due fazioni.
MONTE COMPATRI (Roma) – Due colpi di pistola, di cui uno dritto al cuore, hanno spezzato la giovane esistenza di Alexandru Ivan, studente rumeno di 14 anni, morto ammazzato nella notte fra il 13 ed il 14 gennaio scorsi. Per l’omicidio sono stati fermati due giovani, uno nel Lazio, l’altro nel Veneto. La sparatoria è avvenuta nel parcheggio della stazione capolinea della metropolitana C-Pantano, a Monte Compatri, a mezz’ora dalla Capitale. Sul luogo, dopo una chiamata al 112, si recavano i carabinieri della Compagnia di Frascati ed i soccorritori del 118 a cui non rimaneva altro che constatare il decesso del ragazzino incensurato dopo diversi tentativi di rianimazione.
I colpi di pistola calibro 22, sparati da due auto in corsa e da due armi diverse, avrebbero raggiunto la vittima al petto e alle gambe. I militari avrebbero acquisito i video di una telecamera di sorveglianza stradale che avrebbe ripreso in parte l’aggressione ma non la flagranza del delitto. Gli investigatori, sulle prime, ritengono che si sia trattato di una spedizione punitiva nei riguardi di Tiberiu Maciuca, 28 anni, patrigno di Alexandru. Il giovane, infatti, era fuori da certi giri, amava il calcio, e abitava in una palazzina di via Rocca Cencia dove vivono diverse famiglie rumene tanto da costituire una comunità assai numerosa. Il movente sembra prendere direzioni diverse: secondo i carabinieri Alexandru sarebbe stato scomodo testimone di una rissa fra connazionali mentre genitori e parenti della vittima parlano di “uno sguardo di troppo” che avrebbe causato la reazione sconsiderata di due rumeni nomadi.
Nel primo caso il ragazzo si sarebbe trovato nel bel mezzo di una scazzottata avvenuta in un bar sulla via Casilina. In quello spiazzo davanti al locale si sarebbero affrontati cinque romeni da un lato, fra cui il patrigno del ragazzo, dall’altro mezza dozzina di nomadi, tutti ubriachi. Poco dopo le due fazioni, patrigno del ragazzo in testa, si dividevano per poi rivedersi al parcheggio della metropolitana dove da un’auto, a gran velocità, venivano esplosi 4 colpi di pistola in direzione del compagno della madre di Alexandru che però centrano in pieno quest’ultimo. I parenti del minorenne riferiscono di una rissa scatenata da uno sguardo di troppo che il ragazzino avrebbe dato ad un rumeno di etnia rom. Da questo particolare si sarebbe scatenato il finimondo con due auto, non meglio identificate, che circondano Alexandru e Tiberiu Maciuca, dalle quali vengono esplosi diversi colpi d’arma da fuoco, due dei quali avrebbero colpito a morte il ragazzino.
Insomma dietro questa vicenda ci sarebbe la malavita locale che qualcuno, per paura o per complicità, intende coprire. Due giorni dopo i carabinieri operano un fermo. Si tratta di tale Petrov Corum, rumeno rom di 24 anni, indiziato di concorso in omicidio, che si costituisce in caserma professandosi innocente:
” Sono arrivato in quel parcheggio con la mia macchina – dice l’indagato – loro erano già lì. Avevo mandato io il messaggio per vederci e chiarire ma poi ho visto che erano con le mazze da baseball in mano e sono andato via.”.
Anche Corum, difeso dall’avvocato Luca Guerra, ripete a caldo la versione dei parenti della vittima ovvero di un regolamento di conti per “uno sguardo di troppo” ma essendo amico della famiglia di Alexandru la cosa non sorprende più di tanto gli inquirenti. Il 16 gennaio scorso Corum ripete la sua versione dei fatti davanti al Gip di Velletri, e dice anche di più in dichiarazioni spontanee:
” Gli spari non sono partiti dalla nostra auto, lì sono passate tre macchine, compresa la nostra – aggiunge l’indagato – i proiettili sono stati esplosi da un’altra autovettura, Ford Fiesta grigia, e poi è arrivata un’altra auto ancora, di colore giallo. Gli spari sono partiti da almeno due pistole…”.
Durante l’udienza di convalida però l’indagato si avvale della facoltà di non rispondere. Subito dopo veniva fermato dai carabinieri di Treviso Dino Petrov, 33 anni, cugino di Corum, ritenuto uno dei killer, che si nascondeva in Veneto in casa di una parente. Si cercherebbe anche un terzo indiziato ma le responsabilità del delitto potrebbero riguardare ben sette persone:
“Era il mio trentaduesimo compleanno e mio figlio era qui con me, c’era una festa – racconta Alexandra Petri, madre della vittima – Lui non usciva mai di notte. So che era con mio padre, col mio compagno e con altri parenti. Io sono rimasta a casa con gli altri miei due figli. La mia festa era finita… Gli hanno sparato al cuore, chi è stato deve pagare…”.