Un atteggiamento tossico sul lavoro può compromettere clima, produttività e benessere del gruppo: ecco come riconoscere e prevenire il fenomeno.
L’antico detto popolare “mela marcia” deriva dalla constatazione che una mela deteriorata, se lasciata insieme a quelle integre, contribuisce a fare andare a male tutte. L’espressione, diventata idiomatica, si riferisce a una persona o un elemento negativo e controproducente all’interno di un gruppo, un ambiente, o un’organizzazione. Inoltre, indica qualcuno che, con il suo comportamento, può danneggiare o compromettere l’armonia, la produttività o la reputazione del gruppo stesso.
Questo motto, derivato dalla saggezza contadina, è stato confermato dalle scienze dell’organizzazione, con “la teoria della mela marcia”, appunto. Secondo questa teoria, in ogni gruppo di lavoro c’è un soggetto che, col suo atteggiamento o carattere influisce negativamente sul contesto. Si tratta di persone il cui scopo è la pratica costante della critica e della prepotenza. Un modo di agire che, alla lunga, si riversa sull’intera organizzazione aziendale, causando stress, tensione e scarso rendimento. Inoltre, la “mela marcia” rappresenta anche un forte danno economico per l’azienda, a causa dell’aumento dei giorni di malattia e della ridotta produttività.

E’ una tendenza molto diffusa, tanto che, secondo uno studio curato da “Glassdoor” (piattaforma online di recensioni da parte di dipendenti o ex di aziende), il 95% delle imprese rischiano di assumere una mela marcia all’anno. Sembra strano che una singola persona possa manifestare un così determinato potere da alterare le dinamiche di gruppo, eppure succede! Gli esperti ritengono che il meccanismo si scatena per “l’effetto domino”, per cui una “mela marcia” rovina tutto il cesto. Gli effetti negativi rischiano di estendersi anche verso l’esterno, i clienti, su cui si riversa un modo di lavorare avverso. Malgrado la teoria della “mela marcia” sia nota da tempo e nonostante la tradizione popolare, non si è in grado, tutt’oggi, di evitarne il processo.
Lo studio più accurato risale al 2007 curato dall’Università di Washington, USA. Ebbene, ha confermato gli aspetti negativi in ambito lavorativo. Inoltre, la conflittualità dal lavoro spesso si estende alla vita privata e personale. Poiché qualsiasi individuo non è indifferente a quello che gli succede intorno, le tensioni sul lavoro si assorbono, non spariscono mai del tutto, sono sempre lì a presentare il conto.

Ora, ognuno di noi, nella sua esperienza lavorativa avrà avuto a che fare o sentito dire di persone che, in linea di massima, manifestano questi atteggiamenti: mancanza di impegno, evitare responsabilità o affidarsi agli sforzi dei colleghi, in modo che gli impegni li assolvono gli altri anche se di sua competenza; negatività emotiva, con espressioni costanti di pessimismo, insicurezza o irritazione. E’ la persona che è sempre negativa o scostante; violazioni delle norme interpersonali, comportamenti scortesi, commenti offensivi o mancanza di rispetto verso i colleghi.
Per evitare che una mela faccia marcire tutto il cesto, ci sono diversi accorgimenti, tra cui: fare una selezione attenta all’atto dell’assunzione; definire norme chiare per stabilire valori inderogabili; dare risposte concrete ai primi segnali; promuovere la resilienza di gruppo; in ultima analisi, escludere la mela marcia. Come nelle migliori tradizioni contadine!