La neve sta scomparendo: il riscaldamento globale minaccia le nostre montagne

La neve è in drastico calo su Alpi e Appennini: deficit fino al 94%. Un fenomeno legato al cambiamento climatico che minaccia ecosistemi, risorse idriche ed economia locale.

La neve sta scomparendo nell’indifferenza delle istituzioni. La neve, quel manto bianco che copre le città e i borghi d’inverno, trasmette gioia nei più piccoli e atmosfere suggestive, richiama a struggenti paesaggi, quasi onirici, è a rischio scomparsa. Nemmeno i più competenti detective possono farci granché, così come ha manifestato tutta la sua impotenza la celebre trasmissione di Rai3 per persone scomparse “Chi l’ha visto?”. Le persone scomparse, forse, si possono trovare, la neve, invece una volta scomparsa si dissolve. Non si tratta di “cupio dissolvi”, ossia il “desiderio di essere dissolto, di annientarsi”, ma di omicidio nel senso letterale del termine, perpetrato dall’indifferenza e incuria del genere umano.

La neve, per la meteorologia,  è “un tipo di precipitazione atmosferica, nella forma di acqua ghiacciata cristallina, formata da una moltitudine di minuscoli cristalli di ghiaccio, ognuno di tipo diverso e spesso aggregati tra loro in maniera casuale a formare fiocchi di neve”. E invece, essa, stanca di essere maltrattata, offesa e vilipesa, ha deciso di rallentare le precipitazioni. In realtà, questa è solo un’immagine poetica che prevede una decisione autonoma. In realtà l’assassino è il riscaldamento globale, i cui effetti potranno essere devastanti.

Lo scioglimento della neve e dei ghiacciai, purtroppo, non è una novità ed è dovuto al cambiamento climatico.

Le montagne si stanno trasformando in maniera da intaccare il già fragile equilibrio degli ecosistemi alpini e appenninici, i cui strascichi cadranno sulle risorse idriche, biodiversità e, infine, sull’economia locale. Il calo delle precipitazioni nevose non è una novità dell’ultima ora, ma avviene da qualche decennio.

La Fondazione CIMA, un centro che promuove studio, ricerca scientifica, sviluppo tecnologico e alta formazione nell’ingegneria e nelle scienze ambientali, ha diffuso dei dati allarmanti. Sulle Alpi, il deficit di neve è stato fino al 71%. Sugli Appennini le cifre sono ancor più devastanti, 94%. Questi numeri si riferiscono alle vette, sia delle Alpi che degli Appennini, tra i 1000 e i 2000 metri di altezza.

A quote più alte, la riduzione varia tra il 43% sulle Alpi e il 78% sugli Appennini. La genesi di questa situazione è dovuta all’innalzamento delle temperature invernali che provoca pioggia a discapito della neve. Ad essere svantaggiato non è solo il turismo invernale, ma le risorse idriche, perché la neve ammassata in inverno si scioglie nelle stagioni successive per irrorare fiumi, falde acquifere e laghi.

La neve in città è uno spettacolo sempre più raro

La neve, agisce da protettore della riduzione del suolo e mantiene l’equilibrio idrogeologico, che come la cronaca ci sta raccontando in questi anni, tra alluvioni, esondazione e frane, è molto precario. L’economia che ruota intorno al settore sciistico è in picchiata, tanto che il numero di impianti che hanno chiuso i battenti sono arrivati a 265. Il ricorso alla neve artificiale è costosissimo e altera maggiormente gli ecosistemi. Per superare l’empasse, l’unico strumento è la capacità di adattamento alla crisi climatica.

L’alternativa è il turismo sostenibile, fatto di escursionismo e di attività o discipline sportive che hanno come terreno comune di azione la natura: acqua, roccia, terra, aria. Per attuare questi propositi è necessaria una gestione parsimoniosa delle risorse idriche e governi locali e regionali che abbiano la volontà di salvare le montagne. Altrimenti ogni iniziativa sarà inutile.

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