La cucina “zero waste” prende piede, la cultura della sostenibilità a tavola

Vola la tendenza a ridurre gli sprechi facendo la spesa di articoli sfusi o alla spina e evitando l’impatto di contenitori e imballaggi.

Roma – Una nuova tendenza si sta diffondendo: la cucina “zero waste”. E’ da qualche tempo che il concetto di “sostenibilità” è diventato così pervasivo che se ne parla in tutti i luoghi da mane a sera. Ormai domina come un monarca assoluto, tanto che non c’è settore dello scibile umane che ne è rimasto immune. La cucina non ha rappresentato un’eccezione. Infatti, sull’onda della novità, si parla di cucina “zero waste” (zero sprechi). Questa nuova filosofia di vita si basa sull’idea di ridurre al minimo la produzione di rifiuti attraverso scelte consapevoli e sostenibili. L’obiettivo non è necessariamente quello di eliminare del tutto la spazzatura, ma piuttosto di evitare di creare rifiuti non riciclabili o non compostabili. Quindi acquisti di alimentari in modo consapevole e pianificazione dei pasti settimanali. Qualche buontempone ha sostenuto che per avere con certezza “zero rifiuti”, c’è un solo modo:… “zero alimenti!”.

In realtà, senza giungere a questi estremi, si basa sulla formula delle “5 R”, già conosciuta in Italia, sin dagli anni ’90 del XX secolo. Ovvero: Refuse, rinunciare al superfluo; Reduce, limitare ciò che è necessario; Reuse, riusare i prodotti; Recycle, riciclare materiale da buttare in nuove materie prime; Rot, riconvertire e creare compost. L’aspetto più complicato è mettere in pratica questi concetti. Nel senso che bisogna fare molta attenzione a come si fa la spesa, evitando acquisti alla rinfusa, come succede spesso, perché si ha sempre poco tempo per qualsiasi cosa. E non finisce mica qui, l’altro ostacolo è rappresentato dalla preparazione. Non bisogna sprecare nulla e recuperare il più possibile. Poi è necessaria una programmazione settimanale di cosa si mangia ogni giorno per sapere cosa fare. In questo caso, sarebbe più utile fare la spesa almeno ogni due giorni e non rifornirsi settimanalmente di tutto e di più.

I fautori del “zero waste” sostengono che oltre ad avere un basso impatto sull’ambiente, questa pratica fa bene pure al portafoglio, che di questi tempi ne ha veramente bisogno. C’è da dire che il programmare la settimana alimentare non è una novità assoluta, nel senso che è stato per decenni un vezzo della cultura contadina e delle massaie di una volta. Quelle che si recavano un giorno sì e l’altro no dal pizzicagnolo per fare la spesa, acquistando poco per volta. Inoltre, è stato un modo consueto e, probabilmente, lo è tuttora del mondo militare, ecclesiastico e dei collegi, dove a volte assumeva atteggiamenti autoritari, per cui si era costretti a mangiare quella pietanza o si restava digiuni. Alternative non ce ne erano, altrimenti si andava a letto senza cena! Visto il successo, sul web è tutto un proliferare di consigli per cucinare senza sprechi.

I più importanti sono: fare la spesa presso negozi che vendono articoli sfusi o alla spina, per evitare l’impatto di contenitori ed imballaggi; al supermercato portarsi contenitori, involucri e barattoli per la gastronomia; la programmazione dei pasti va fatta con cura, congelando gli alimenti per i giorni successivi; nutrirsi di alimenti di stagione e, soprattutto, locali, in modo da produrre meno danni all’ambiente grazie alla mancanza del trasporto delle merci; guai a buttare qualcosa del cibo, tutto può essere riciclato; gli alimenti messi in frigo e nel freezer vanno messi in vasetti ermetici e chiusi. Infine, si consiglia di consumare meno carne e di non usare prodotti usa e getta per la preparazione e il consumo del cibo. In parte è un ritorno al passato, quando la produzione intensiva e la cultura ad essa collegata non avevano ancora prodotto i danni ambientali che stiamo patendo. La speranza è che possa diventare pratica quotidiana di tutti i cittadini e di tutti i giorni. E’ difficile, ma bisogna tentare!

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