Una volta ai domiciliari i mammasantissima potranno riprendere contatti con familiari e sodali e magari “giostrare” meglio i loro affari. Certamente meglio di quanto non facessero dal carcere. Insomma chi è stato scarcerato e chi è in procinto di esserlo. Poi andiamo a fare la contravvenzione al cittadino che passeggia col cane per aver sforato di 20 metri la prossimità da casa.
PALERMO – Il CoVid-19 continua la sua strage nonostante i numeri facciano intravedere una deflessione di morti e contagiati. La guardia, com’è ovvio, deve rimanere alta pena il ripristino delle costrizioni iniziali, dopo il 4 maggio, qualora la ritrovata libertà finisse a tarallucci e vino. Ma se da un lato la pandemia è stata una iattura per la maggior parte degli italiani, per un congruo numero di galantuomini, una quarantina di grossi calibri, il virus è caduto a fagiolo. Il problema del sovraffollamento delle carceri e della mancanza di strutture alternative di detenzione controllata ha determinato centinaia di richieste di scarcerazione. Fino al 30 giugno prossimo, infatti, potrà essere ottenuta la detenzione domiciliare per i detenuti che devono scontare una pena, o residuo di pena, fino a 18 mesi come già previsto dalla normativa vigente ma con una procedura più semplice già normata dal ministero della Giustizia.
Per coloro che devono scontare una pena da 7 a 18 mesi è previsto il ricorso ai braccialetti elettronici o altri strumenti tecnici. I dispositivi di telecontrollo a distanza sono disponibili grazie ad un programma di distribuzione adottato dal capo dell’amministrazione penitenziaria d’intesa con il capo del dipartimento di Pubblica sicurezza, tenuto conto della capienza dei singoli istituti, del numero dei detenuti ristretti nonché delle concrete emergenze sanitarie rappresentate dalle autorità competenti. Restano esclusi dalla norma che prevede la possibilità di accedere alla detenzione domiciliare se la pena da scontare è inferiore a 18 mesi ma per reati particolarmente gravi come quelli richiamati dall’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, i maltrattamenti in famiglia o lo stalking.
Saranno esclusi dai benefici anche i detenuti che hanno partecipato alle rivolte del mese scorso. In mezzo a questa confusione ci si è dimenticati dei detenuti che non godono di apparente buona salute e che sono ristretti in carceri dove il virus ha creato diversi contagi fra il personale penitenziario e gli stessi carcerati. Ovviamente non si sa come questo è potuto accedere nonostante le presunte norme di sicurezza che dovevano essere adottate all’interno degli istituti di pena. Fra questi detenuti ve ne sono di eccellenti i cui legali hanno già chiesto la scarcerazione. Fra boss, capi mandamento, killer patentati e capi-decina, tanto per parlare in gergo mafioso, sono decine i mammasantissima che hanno chiesto e ottenuto i domiciliari per paura di essere contagiati dal virus. Uno dei tanti il boss Settimo Mineo, 81 anni, il capomafia di Pagliarelli, affetto da gravi patologie per cui un’eventuale infezione potrebbe portarlo alla tomba. Il suo legale, l’avvocato Stefano Santoro, ha già fatto istanza che la detenzione alternativa al 41 Bis adducendo l’incompatibilità della reclusione “dura” con le reali condizioni di salute del suo assistito.
Mineo, considerato l’ultimo capo della cupola ed erede naturale di Totò Riina, era un ex gioielliere designato a capo del mandamento mafioso di Pagliarelli proprio per sostituire il capomafia Riina, morto tre anni fa dopo una lunga malattia. Il vecchio boss era stato condannato a cinque anni di carcere al maxiprocesso di Palermo, che fu istruito dal giudice Giovanni Falcone, e poi arrestato di nuovo nel 2006 nell’ambito dell’operazione “Gotha”. Di Mineo aveva parlato per la prima volta Tommaso Buscetta. I fratelli del gioielliere, Antonino e Giuseppe Mineo, furono uccisi, rispettivamente, nel 1981 e nel 1982 nel pieno della guerra di mafia. Settimo Mineo era stato indicato proprio da Buscetta come uomo d’onore della famiglia di Pagliarelli, uno dei clan palermitani che si erano schierati all’epoca contro Stefano Bontate.
Mineo riuscì a scampare ad un agguato durante il quale veniva massacrato a colpi di pistola Francesco Lo Nigro. Era il 15 febbraio del 1983. Assieme a Mineo anche altri personaggi di spicco della mafia e della ‘ndrangheta (ma non mancano esponenti della camorra e della sacra corona unita, per dirla tutta) hanno chiesto i domiciliari per paura del virus ma a molti questa è sembrata una scusa:”…Una volta fuori dal carcere potranno comunicare meglio con i loro sodali – dice Salvatore Calleri, presidente della fondazione Antonino Caponnetto – oltre che spingere l’acceleratore sugli affari illeciti ricucendo connivenze e complicità. Il momento è assai favorevole per la mafia che cerca nuovi spazi industriali e appalti facili…”. Fermo rimanendo il diritto alla salute le scarcerazioni dei boss come Pasquale Zagaria, il re dei casalesi, sono davvero scandalose.
Anni per arrestarli, decine di milioni di euro spesi per le indagini ed alta tecnologia a carico dei contribuenti, e due minuti per polverizzare l’intero operato delle forze dell’ordine. Una volta ai domiciliari i mammasantissima potranno riprendere contatti con familiari e sodali e magari “giostrare” i loro affari. Certamente meglio di quanto non facessero dal carcere. Insomma chi è stato scarcerato e chi è in procinto di esserlo. Poi andiamo a fare la contravvenzione al cittadino che passeggia col cane per aver sforato di 20 metri la prossimità da casa. Che tempi del cavolo per la giustizia.