Bologna e altre città italiane sotto assedio dal fenomeno dell’Isola di Calore Urbana: salute e ambiente a rischio.
Le città italiane, chi più chi meno, sono state visitate da un ospite sgradito come il caldo infernale delle ultime settimane, con effetti devastanti sulla salute e sull’ambiente. Il sole, spietato, si è abbattuto su inermi cittadini che vagavano alla ricerca di qualche impossibile refrigerio. La pelle sembrava bruciasse, mentre un perfido alone di sudore scorreva con lentezza lungo il corpo, rendendo ogni movimento faticoso. L’aria, densa e immobile avvolgeva i cittadini come una camicia riscaldata. Il sole ci guardava dall’alto con sguardo bollente, quasi a dirci “arrostitevi pure, umane genti!”.
La nocività di un contesto del genere si è inasprita a causa dell’elevato aumento della temperatura del suolo. Bologna ha registrato valori quasi di 60°. Una quota che ha destato prima stupore e poi inquietudine. Un dato così alto è il frutto della complessità climatica connessi all’urbanizzazione selvaggia e al riscaldamento globale.

Il dato è stato rilevato in alcuni quartieri felsinei nell’ambito della campagna nazionale di Legambiente “Che caldo che fa! Contro la povertà energetica: città + fresche, città + giuste”. La penuria energetica delle città dipende dall’irrealizzabilità di poter usufruire di ambienti freschi durante l’estate, sia nelle proprie abitazioni che negli spazi aperti. Nel primo caso si tratta di strutture molto vecchie prive di impianti di refrigerazione idonei. Nel secondo, per la scarsità di aree verdi e servizi ad hoc. La temperatura dell’aria è diversa da quella del suolo. E’ misurata a 2 metri dal suolo, in condizioni di ventilazione decente e di spazi ombrosi. Quella del suolo misura, invece, l’energia raccolta e diffusa dalle superfici. L’asfalto e il cemento essendo… golosi di radiazione solare rispetto alla vegetazione e all’acqua, si riscaldano maggiormente.
Quindi si comprende il perché di una differenza di temperatura anche di 10° tra aria e suolo, soprattutto in quartieri con un’alta densità di popolazione. Nelle città, ci si cuoce letteralmente. Succede che, sotto i feroci colpi di sole, l’asfalto va in… ebollizione. In questo modo diventa più morbido e chiunque ha la sventura di trovarsi nelle vicinanze e, per qualche, motivo, deve camminare, ha la netta sensazione di affondare. L’asfalto diventando più molliccio è più facilmente vittima di deformazioni per il peso dei veicoli, fenomeno denominato “rutting”.

E non è finita qui, in quanto l’azione dei raggi solari può far ossidare il bitume, una sostanza utilizzata per pavimentare le strade e come impermeabilizzante in edilizia e si potrebbero formare crepe e fessure. Il caldo torrido può provocare una sorta di… magia: l’asfalto pare cosparso d’acqua, ma in realtà è l’effetto della rifrazione della luce. Le città raggiungono queste cifre a causa di un fenomeno denominato “Isola di Calore Urbana” (ICU). Ossia le temperature si impennano per la contemporanea presenza di asfalto, cemento e per la conformazione degli edifici. Quelli molto alti ostruiscono la circolazione del traffico ingabbiando il calore.
Ma sono tutte le attività dell’uomo ad essere responsabili: emissioni industriali e scarsezza di aree verdi, che ostacolano il raffreddamento. Solo interventi concreti da parte delle istituzioni, con la ristrutturazione di edifici, riduzione del traffico e del cemento, potrebbero garantire il diritto alla salute e alla vivibilità delle nostre aree urbane. Altrimenti continueremo ad arrostirci sotto il sole!