La foto scattata insieme a Campobasso ha generato una fake news, non ci sono piani di alleanza tra i leader dei partiti. Analisi sul ruolo dei riformisti nel contesto politico attuale.
Roma – L’incontro, casuale e non concordato nei giorni scorsi, tra Giuseppe Conte, Elly Schlein e Nicola Fratoianni in un bar di Campobasso, non ha siglato alcun accordo men che meno una roadmap fra i tre leader. Si è parlato solo delle regionali in Molise, le cui urne chiuderanno alle 15 di oggi, anche se dalla foto che li ritrae insieme si è costruita una fake news, tanto da fare parlare di nuovi accordi politici. Niente di tutto questo, nessun accordo della “limonata”, solo chiacchiere da bar dello Sport. D’altronde non bisogna essere veggenti per affermare che il ruolo dei riformisti all’interno di questo Pd, in particolare, è del tutto ininfluente nonché fuori luogo perché la guida politica e programmatica del partito coltiva altri obiettivi, essendo il frutto di un’altra cultura politica e valoriale.
Per fare un solo esempio concreto di queste culture riformiste è del tutto inutile infierire sul ruolo e sulla presenza degli ex popolari all’interno di tale apparato. Si tratta, in effetti, di una presenza puramente opportunistica od ornamentale perché sotto il profilo politico e culturale non c’è alcuna coerenza e lungimiranza nel perseguire una strategia con un chiaro orientamento massimalista, radicale e libertario. Utile indubbiamente per partecipare alla distribuzione del potere all’interno del partito e nelle istituzioni, ma del tutto estranea a percorrere un disegno politico coerente con la propria storia e la propria tradizione.
Del resto, cosa c’entri il populismo anti politico, demagogico e qualunquista dei 5 stelle e il radicalismo libertario della Schlein con l’esperienza storica del cattolicesimo popolare e sociale, resta un mistero laico che possono spiegare solo esponenti come Delrio e coloro che si riconoscono nella sua corrente all’interno del Partito democratico. Per questi semplici motivi, e anche alla luce di ciò che concretamente sta capitando, i riformisti che provengono dall’area cattolica democratica, popolare e sociale, debbono nuovamente essere protagonisti di una stagione politica dove la coerenza con la propria cultura e la propria storia ritorni ad essere un fatto centrale e non un espediente puramente strumentale rispetto al ruolo concreto che si vuole giocare nella società contemporanea.
Ne va della credibilità, e anche della serietà, del modo di essere cattolici democratici, popolari e sociali. Un tentativo di saldatura, culturale-politica-leaderistica, è in corso tra Pd e M5S. Il percorso è ancora lungo e le elezioni nazionali sono lontane, ma si manifesta sempre più una sorta di corteggiamento reciproco e tattica primordiale per fare e disfare una tela che appare di difficile realizzazione. Questo è l’attuale cursus intrapreso sia da Conte che da Schlein. E questo al di là della partecipazione, più o meno convinta, alla manifestazione dei 5 Stelle e alle solite e del tutto prevedibili “provocazioni” di Beppe Grillo. Al riguardo, sembra stucchevole la polemica delle “anime belle” del Pd che si stupiscono, o che lanciano addirittura l’allarme, sulla deriva che sta assumendo la nuova leadership politica del principale partito della sinistra italiana.
Una polemica inutile perché il progetto, almeno per quello che pubblicamente emerge, perseguito da Schlein punta dritto a un’alleanza politica, culturale, valoriale, sociale e programmatica con gli alfieri e i rappresentanti quasi esclusivi del populismo nostrano. Cioè il partito di Grillo e Conte. Peraltro, il percorso è del tutto coerente con le indicazioni politiche e progettuali con cui la neosegretaria dem ha vinto le primarie del partito. In ogni caso: giustizia sociale, lavoro e clima, formano un bel tris di impegni. Ma da molto tempo a sinistra si fanno elenchi esemplari e poi a terra arriva poco. Il silenzio è forse l’unica risposta intelligente.