In manette tre “insospettabili”: coprirono il boss Messina Denaro durante la latitanza

Si tratta di Massimo Gentile, architetto di Limbiate, e del tecnico radiologo dell’ospedale di Mazara del Vallo, Cosimo Leone. Il pm: “Ossatura mafiosa e affidabile”.

Nuovo colpo alla rete che ha “protetto” il boss Matteo Messina Denaro durante la latitanza. In manette per associazione mafiosa sono finiti l’architetto Massimo Gentile e il tecnico radiologo dell’ospedale di Mazara del Vallo Cosimo Leone, mentre per Leonardo Gulotta l’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa. Dalla cattura del boss, avvenuta il 16 gennaio del 2023, sono state arrestate 14 persone accusate di aver aiutato il capomafia ricercato, quattro di queste sono già state condannate.

Gli arresti sono stati effettuati stamani dai carabinieri del Ros. I tre finiti in manette sono i classici “insospettabili” proprio per questo in grado di garantire la copertura al boss senza dare nell’occhio.

Massimo Gentile è un architetto responsabile del servizio lavori pubblici del Comune di Limbiate (in provincia di Monza e Brianza) e dal 2007 al 2017, quindi per dieci anni, avrebbe offerto “copertura” al boss allora latitante permettendogli di “vivere come un cittadino qualunque nel suo territorio”. Gli altri due “insospettabili” sono Cosimo Leone, tecnico radiologo in servizio all’ospedale di Mazara del Vallo e Leonardo Salvatore Gulotta. Sarebbe stato il primo ad eseguire gli esami diagnostici quando il boss scoprì di avere un tumore nel 2020, Gulotta invece avrebbe messo a disposizione del boss un cellulare “pulito” all’imprendibile boss stragista.

Massimo Gentile (foto su Facebook)

Secondo le indagini dei carabinieri del Ros, coordinate dalla procura di Palermo e confermate dal Gip Alfredo Montalto, i tre “hanno fatto parte della peculiare ossatura mafiosa, riservata e affidabile” di cui Messina Denaro si è “avvalso direttamente” per mantenere il controllo del suo feudo, Campobello di Mazara. Qui ha vissuto indisturbato per 15 anni fino al 16 gennaio dell’anno scorso, il giorno del suo arresto.

Ancora oggi, a distanza dì pochi mesi dalla morte di Matteo Messina Denaro, una totale omertà “avvolge come una nebbia fittissima tutto ciò che è esistito intorno alla sua figura, ai suoi contatti, ai suoi spostamenti ed alle relazioni che ha intrecciato nei lunghi anni di clandestinità”. E’ la dura accusa lanciata dalla Procura di Palermo guidata da Maurizio de Lucia che indaga sulla rete di fiancheggiatori del boss.

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