Si suicida a Udine l’imputato accusato di abusi sulla nipotina: processo estinto

Il 52enne alla sbarra si è tolto la vita prima dell’udienza decisiva. Zio della vittima, l’uomo era accusato di molteplici abusi reiterati nel tempo.

Udine – Tragico epilogo a Udine per la vicenda giudiziaria che vedeva alla sbarra un uomo di 52 anni accusato di aver abusato sessualmente della nipotina di 9 anni. L’uomo si è tolto la vita prima dell’udienza decisiva. quella fissata per l’11 settembre 2025 davanti al giudice Daniele Faleschini Barnaba, che avrebbe dovuto ospitare la discussione delle parti. Ora, invece, il tribunale si limiterà a formalizzare il non luogo a procedere per l’estinzione del reato.

Secondo quanto riporta il Messaggero Veneto, l’accusa riguardava abusi iniziati tra il 2009 e il 2010, durante i pranzi di famiglia, in un contesto che avrebbe dovuto essere di affetto e protezione. L’uomo, zio della vittima e fratello della madre, avrebbe approfittato di questi momenti per compiere atti di violenza sessuale sulla nipotina, allora appena 9enne, in almeno 30 occasioni. Gli episodi, secondo quanto emerso, si sarebbero protratti nel tempo, segnando profondamente la vita della giovane. Dieci anni dopo, quando la vittima era ormai maggiorenne, l’uomo avrebbe nuovamente abusato di lei. Questo episodio, avvenuto in un contesto di rinnovata vulnerabilità, ha spinto la giovane a rompere il silenzio.

Assistita dall’avvocato Riccardo Prisciano, la ragazza ha trovato il coraggio di denunciare i fatti, dando il via al procedimento penale e ad un percorso giudiziario complesso e doloroso. Durante il processo, un ulteriore elemento ha aggravato il quadro accusatorio. Una sorella dell’imputato, chiamata a deporre come teste della difesa, ha rivelato un dettaglio sconvolgente: anche lei, quando aveva 9 anni, sarebbe stata vittima di abusi da parte del fratello. Questa testimonianza ha aggiunto un ulteriore strato di gravità alla vicenda, suggerendo un possibile pattern di comportamenti predatori da parte dell’uomo.

L’improvvisa morte dell’imputato ha interrotto il cammino verso una verità processuale. Il suicidio, avvenuto poco prima dell’udienza cruciale dell’11 settembre, ha portato alla chiusura del caso per estinzione del reato, come previsto dall’articolo 150 del Codice Penale, che stabilisce la cessazione del procedimento penale in caso di morte dell’imputato. Tuttavia, questa conclusione lascia un vuoto profondo, soprattutto per la vittima e per chi ha seguito il caso. L’avvocato Prisciano, intervistato dal Messaggero Veneto, non ha nascosto la propria amarezza: “C’è amarezza per quanto accaduto, perché non abbiamo fatto in tempo a raggiungere una verità processuale e quindi a ottenere giustizia per la mia assistita”. La giovane, che aveva affrontato il trauma di rivivere gli abusi attraverso il processo, si trova ora a fare i conti con una conclusione che non le rende piena giustizia.

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