Il vescovo di Piazza Armerina, monsignor Rosario Gisana, ed il suo vicario don Vincenzo Murgano, indagati per falsa testimonianza. Il capo della diocesi era stato difeso da Papa Bergoglio.
PIAZZA ARMERINA (Enna) – Finisce sotto il mirino degli inquirenti monsignor Rosario Gisana, 65 anni, vescovo di Piazza Armerina in provincia di Enna. Secondo le accuse il prelato avrebbe “coperto un prete pedofilo mentendo ai giudici” dunque dovrà rispondere del reato di falsa testimonianza assieme al suo vicario, Vincenzo Murgano. Il sacerdote in questione è don Giuseppe Rugolo, condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi dal tribunale di Enna per violenza sessuale aggravata in danno di minori.
Il verdetto, dopo circa 8 ore di camera di consiglio, era stato letto lo scorso 5 marzo dal presidente del tribunale Francesco Pitarresi nel corso di una udienza a porte aperte al termine di un iter processuale svoltosi rigorosamente a porte chiuse. Il 12 dicembre scorso sono state depositate le motivazioni. L’inchiesta era scaturita a seguito della denuncia di Antonio Messina, 30 anni, che dopo aver raccontato inutilmente degli abusi subìti a diversi sacerdoti si era infine rivolto agli agenti della Squadra Mobile descrivendo tutte le violenze sessuali di cui era stato vittima dal 2009 al 2013 e che si sarebbero consumate nella sagrestia della Chiesa di San Giovanni Battista di Enna. Nel corso dell’inchiesta emergevano altri presunti abusi in danno di diversi altri giovani. Il Pm Stefania Leonte aveva chiesto per Rugolo la condanna a dieci anni:
“Comunque vada – aveva detto il Pm nella sua requisitoria – il ragazzo oggi ha vinto, ha vinto il coraggio di questo giovane nell’affrontare l’incubo della sua adolescenza, perché non si è fermato davanti al timore di non essere creduto e al pregiudizio della gente, perché ha presentato la denuncia per un senso di dovere nei confronti di se stesso e dei suoi coetanei, che avevano subito i suoi stessi abusi e dei tantissimi adolescenti che frequentavano il gruppo sotto l’egida di Rugolo“.
Messina però aveva denunciato le molestie sessuali perpetrate in suo danno da don Rugolo anche al vescovo Gisana già nel 2020, senza però ottenere i risultati che si aspettava ovvero una netta condanna degli episodi criminosi. Dopo la condanna del presunto pedofilo era inevitabile che il vescovo ed il suo vice finissero sul registro degli indagati. Adesso, concluse le indagini con notifica consegnata ai due interessati, gli stessi avranno tempo venti giorni per depositare memorie difensive oppure per essere sottoposti ad interrogatorio. Inoltre i magistrati requirenti hanno accusato l’alto prelato per avere agevolato gli abusi non tutelando i minori e le loro famiglie:
”Nonostante la titolarità di puntuali poteri-doveri conferiti nell’ambito della funzione di tutela dei fedeli – si legge in atti – facilitando così l’attività predatoria di un prelato già oggetto di segnalazione…Gisana aveva evidentemente autorizzato padre Rugolo come figura di riferimento dell’associazione da lui fondata ad operare all’interno della chiesa Madre consentendogli in tal modo con la piena compiacenza della diocesi di creare occasioni di incontro e frequentazioni con i giovani adolescenti”.
Va da sé che sia monsignor Gisana e che il suo vice Murgano sono da considerarsi innocenti sino ad eventuale sentenza di condanna definitiva ma per quanto riguarda il vescovo i migliaia di fedeli della diocesi ne avevano già chiesto le dimissioni. Per altro il vescovo, proprio nel bel mezzo della turpe vicenda a luci rosse, era stato difeso a spada tratta da Papa Bergoglio durante un suo viaggio a Palermo: “Bravo, questo vescovo, bravo – aveva detto il pontefice – È stato perseguitato, calunniato e lui fermo, sempre, giusto, uomo giusto. Per questo, quel giorno in cui andai a Palermo, ho voluto fare sosta prima a Piazza Armerina, per salutarlo”.
Il contraltare di queste dichiarazioni sono alcune intercettazioni telefoniche fra Gisana e Rugolo, registrate dal 2 gennaio al 14 febbraio 2014, che non lascerebbero spazio a dubbi:” Il problema è anche mio – avrebbe riferito il vescovo al prete – perché io ho insabbiato questa storia. Pazienza, vedremo come poterne uscire”. In una nota la diocesi di Piazza Armerina evidenzia che gli indagati sono “Entrambi sereni e manifestano fiducia incondizionata nella verità e nella magistratura”. “Finalmente – avrebbe esclamato Antonio Messina – aspettavo da tempo questo momento”.