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Il rapporto Ocse sulla demografia: più le case costano meno figli nascono

Il crollo della fecondità e l’importanza di una politica abitativa. Italia agli ultimi posti per nascite e giovani restano coi genitori.

Roma – Immobili e natalità, un rapporto controverso! La denatalità dell’opulento occidente è uno delle maggiori criticità della società attuale e rappresenta una priorità nell’agenda politica dei governi. Finora, pare, che le politiche attuate non abbiano sortito alcuno effetto. Su questo tema è intervenuta l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) che ha stabilito una curiosa relazione tra immobili e natalità. Negli anni ’60 il numero di figli per donna nei Paesi sviluppati era di 3,3 e, dopo 60 anni, è sceso a 1,5, Cifra al di sotto della media di 2,1 che assicura l’inalterabilità della popolazione. Il calo della natalità si è manifestato in maniera differente nei vari Paesi del primo mondo. Tuttavia, in tutti, il profondo mutamento è frutto delle modifiche verificatesi negli stili di vita delle persone.

E’ aumentata, inoltre, l’età media in cui si ha il primo figlio. E’ infatti di 31 anni, mentre solo 20 anni fa era di 28,6. Così come è cresciuta la percentuale di chi resta senza figli, arrivata al 25% in Italia ed in Spagna e al 28% in Giappone. I dati succitati fanno parte del rapporto biennale dell’OCSE “Society at a glance 2024” (Le società in uno sguardo). Si tratta di uno studio comparativo internazionale su demografia, caratteristiche familiari, occupazione e ricchezza, mobilità e alloggio, stato di salute, spesa sociale, benessere soggettivo, coesione sociale e altre misure. Sono incluse variabili interessanti come i suicidi, i costi per l’assistenza all’infanzia, i prigionieri, i divari salariali di genere, la povertà e le madri occupate.

Com’è noto la denatalità e l’invecchiamento della popolazione potranno avere effetti devastanti sull’economia e sulla capacità di reggere dei sistemi sanitari e previdenziali. Malgrado le diversità tra gli Stati, i fattori che possono spiegare il calo delle nascite vanno ricercati nella sicurezza economica e finanziaria, le spese per crescere i figli, la struttura sociale, la politica dei governi, il continuo mutamento del mercato del lavoro. Ma a questi indicatori materiali, se ne aggiungono altri, di origine culturale, come un modo diverso dei giovani di concepire la genitorialità e il bisogno di autorealizzazione che è diventato prorompente. Secondo l’OCSE il calo delle nascite proseguirà per decenni e, quindi, diventa decisivo l’apporto delle migrazioni. La natalità va sostenuta con politiche tese all’accordo tra esigenze lavorative e familiari, interventi per la cura e l’educazione dei figli.

Un’altra opzione efficace è destinare risorse finanziarie per decrementare i prezzi delle case, soprattutto per i giovani. Questo degli immobili è un tema che incide molto sul bilancio familiare oltre alle altre spese quotidiane. Il costo delle case, nei Paesi OCSE, negli ultimi 15 anni, ha rappresentato l’incremento più alto nel budget di ogni famiglia. A seguire le comunicazioni e l’educazione, mentre sono calate le spese per alimenti, trasporti, salute e cultura. Il forte rincaro delle case, soprattutto nelle aree metropolitane, incide sulla denatalità e sulla possibilità di lasciare la famiglia originaria. Se si aggiunge il fatto che il lavoro è quasi sempre precario, è comprensibile che i giovani restano a casa dei genitori per molti anni. I governi dovrebbero attuare politiche di edilizia sociale con priorità alle famiglie a basso reddito e a quelle con pochi mezzi di sussistenza. Inoltre accessibilità ai mutui per i giovani, attraverso sostegni economici tutelati dalla Pubblica amministrazione.

Queste indicazioni provengono dall’OCSE, un’organizzazione internazionale dei Paesi con economia di mercato e con sistemi democratici, mica da una Confraternita di buontemponi. Quindi sarebbe doveroso che i Paesi che ne fanno parte si mettessero di buzzo buono per dare soluzioni concrete. Fatti non pugnette, come soleva dire anni fa il cabarettista Paolo Cevoli, interpretando l’assessore Palmiro Cangini del comune di Roncofritto, paese immaginario dell’entroterra romagnolo. Fatti quindi, non chiacchiere a vanvera!

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