Il “poliworking” tra chi lavora da remoto è sempre più diffuso

Dilaga la “moda” di chi svolge più attività nello stesso periodo: la possibilità di restare a casa rende tutto più flessibile.

Roma – Svolgere più lavori nello stesso periodo di tempo si sta diffondendo a macchia d’olio. Galeotta fu la pandemia. E’ stato in quel periodo, infatti, che a causa delle restrizioni del lockdown, per evitare la propagazione del perfido coronavirus, la condizione comune di molte persone fu restare rintanate in casa. Si cominciò a diffondersi il “lavoro da remoto”, ovvero l’esecuzione di attività produttive da parte dei lavoratori al di fuori della sede aziendale fisica. Da allora, le aziende hanno adottato questo nuovo modo di organizzazione del lavoro con sempre maggiore frequenza, generando così nuove opportunità per i lavoratori.

Infatti, in alcuni campi, come il digitale e la creatività, molti che lavorano da casa, al loro impiego principale ne hanno aggiunto un altro. E non poteva mancare la definizione di questa nuova situazione occupazionale inglese. Negli USA, infatti, è stata coniata una locuzione apposita per definirla: “poliworking”. Il fenomeno, in continua crescita, è, tuttavia, diffuso soprattutto nelle grandi città dei Paesi anglosassoni. Come ha di recente sottolineato “Wired Italia” (rivista trimestrale statunitense di tecnologia e stili di vita, ma con edizioni in vari Paesi): “non è difficile ipotizzare una situazione simile in Europa, soprattutto perché le due economie sono strettamente interconnesse. Inoltre, la diffusione prepotente del remote marketing e l’incremento del costo della vita stanno producendo per molte persone le stesse condizioni lavorative”.

Su quest’ultimo punto, a volte sembra di vivere in una sorta di Babilonia. Nel senso che non si fa in tempo ad apprendere da una ricerca sociale la riproposizione da parte delle aziende del “lavoro in presenza” che, in un battibaleno, ne viene pubblicata un’altra che dice il contrario! Infatti, è vero che molti lavoratori sono tornati in ufficio a svolgere le loro attività, però il lavoro da remoto è un’opzione molto utilizzata dalle imprese, soprattutto di grandi dimensioni. Questo nuovo metodo di lavoro ha offerto la possibilità di trasformare l’organizzazione aziendale in una struttura più flessibile rispetto a quella più macchinosa precedente.

Nelle situazioni più positive, ogni dipendente gestisce il proprio tempo perché si è organizzati per progetti. In questo modo, le aziende, che quando si tratta di soldi sono sempre all’erta, hanno ridotto i costi derivanti dalle sedi fisiche. Inoltre, pare che la flessibilità, soprattutto del tempo di lavoro, sia un’ottima terapia contro la disaffezione e la demotivazione sul lavoro, due aspetti sempre più diffusi. Ed è proprio nella possibilità di gestirsi in autonomia, senza avvertire il fiato sul collo dei superiori, che si è creato l’humus fertile per il “poliworking”.

“Poliworking”: più lavori contemporanei

La novità è rappresentata dal fatto che questo contesto non riguarda solo i “freelance”, che per definizione lavorano con più committenti, ma anche dipendenti di aziende. Secondo un recente sondaggio, il 40% ha dichiarato di svolgere più lavoro nello stesso momento, di cui il 70% è dipendente. La Generazione Z, i nati tra i medio-tardi anni novanta del XX secolo e i primi anni 2010, più sensibile alle novità, è quella che più si sta cimentando in questa condizione di lavoro, con percentuale maggiore di uomini rispetto alle donne. La ragione principale che spinge le persone a sperimentare il “poliworking” è di tipo economico, un modo per arrotondare le entrate e per riempire il vuoto tra un progetto e un altro.

Per chi svolge lavori creativi, può essere l’occasione per soddisfare progetti più entusiasmanti del consueto. Svolgere un altro lavoro è possibile se non c’è concorrenza col lavoro primario. Ad esempio, nel settore pubblico, i lavoratori sono soggetti al vincolo dell’esclusività. Il mondo sta virando verso questa direzione e bisogna sempre saper cogliere le novità, per non restare esclusi dal mercato del lavoro. Per chi ha già parecchi anni di lavoro sulle spalle, pensare che se ne possa aggiungere un altro è come essere condannato all’ergastolo senza sconti di pena!

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