Una svolta inattesa che potrebbe scompaginare i piani della mafia etnea: il referente dei Santapaola al Castello Ursino decide di collaborare mentre Francesco Russo nega di essere il “papa” del clan.
Catania – Rosario “Saro” Bucolo, 51 anni, soprannominato “U’ mbazzutu”, ha iniziato a collaborare con la Procura distrettuale antimafia di Catania. Una decisione che potrebbe rappresentare una svolta decisiva nelle indagini su Cosa Nostra etnea, considerando il ruolo di primo piano che l’uomo ricopriva all’interno del clan Santapaola-Ercolano.
Chi è Rosario Bucolo: l’uomo delle estorsioni del Castello Ursino
Bucolo era considerato il referente dei Santapaola-Ercolano al Castello Ursino e, secondo le ricostruzioni investigative, rappresentava “l’uomo delle estorsioni” in un tessuto economico dove Cosa Nostra risulta fortemente radicata. Le sue attività criminali spaziavano dal tradizionale “obolo” richiesto in occasione delle feste comandate all’imposizione della manodopera alle imprese del territorio.

Scarcerato nel 2019 dopo cinque anni di detenzione (dal novembre 2014 al gennaio 2019), Bucolo lavorava presso la ditta di onoranze funebri San Marco, una delle due aziende poi sequestrate nell’ambito delle indagini. Il suo ruolo “dirigenziale” venne ridimensionato nel 2021 con il ritorno in libertà di Ernesto Marletta, che assunse il ruolo di reggente del gruppo.
Le attività criminali: estorsioni e controllo del territorio
Nonostante la posizione subordinata rispetto a Marletta, Bucolo manteneva ampi poteri operativi. Secondo gli inquirenti, si occupava del mantenimento dei detenuti del gruppo, impartiva disposizioni agli altri affiliati e gestiva l’intera “contabilità” dell’organizzazione criminale. Nel 2020 era inoltre il detentore della “carta delle estorsioni” e responsabile degli stipendi del gruppo del Castello Ursino.
Le indagini hanno documentato come, durante la pandemia da Covid-19, Bucolo avesse mostrato una certa “tolleranza” verso le vittime in difficoltà economiche, concedendo differimenti dei pagamenti estorsivi. Una strategia che rispondeva alle regole non scritte della mafia catanese: mantenere in vita economicamente la propria vittima per assicurarsi nel tempo il pagamento delle estorsioni.
Il sistema delle estorsioni: dai “regali” al pizzo ai Santapaola
Le estorsioni venivano mascherate come “regali” o “pensieri” ma non esisteva mai un pagamento realmente volontario. Tra le vittime documentate dalle indagini figura l’amministratore unico di una società di prodotti ittici di Aci Sant’Antonio, costretto a versare mensilmente somme di denaro dal dicembre 2020 al giugno 2023.

Particolarmente significativo il caso di un imprenditore del settore delle casse funebri, vittima storica del gruppo del Castello Ursino. Nonostante i gravi problemi economici della sua azienda, l’uomo continuava a pagare il pizzo, subendo minacce persino la sera della vigilia di Natale per un mancato pagamento.
Le testimonianze dei pentiti su Bucolo
I collaboratori di giustizia Silvio Corra, Salvatore Scavone e Salvatore Sam Privitera avevano già indicato Bucolo come figura di spicco del clan Santapaola-Ercolano. Corra, in particolare, lo aveva descritto come “responsabile del gruppo del Castello Ursino del clan Santapaola-Ercolano”, specificando che “si occupava di estorsioni”.
Interessante il retroscena rivelato da Corra riguardo a una spedizione punitiva del 2014 che avrebbe dovuto colpire lo stesso Bucolo. Il piano fallì per l’intervento dei carabinieri.
Il caso Russo: “Non sono io il papa”
Parallelamente alla collaborazione di Bucolo, prosegue il processo a carico di Francesco Russo, ritenuto l’ultimo capo della famiglia di Cosa Nostra catanese. Arrestato nell’operazione “Ombra”, Russo ha continuato a negare il proprio ruolo direttivo all’interno del clan durante l’udienza preliminare davanti al gup Maria Ivana Cardillo.
Dal carcere di Cuneo, dove è detenuto in regime di 41bis, Russo ha smentito di essere il “papa” di cui parlano gli affiliati nelle intercettazioni. Le conversazioni captate dalla polizia risalgono a un momento di forte instabilità all’interno della famiglia mafiosa, successivo all’arresto di Francesco Napoli nel blitz “Sangue Blu”.
L’episodio del cantiere di Cibali
Uno degli episodi chiave emersi durante il processo riguarda l’imposizione della chiusura di un cantiere dove Russo stava effettuando lavori di riqualificazione nel 2022. Alcuni “picciotti” del gruppo di Cibali avevano intimato lo stop ai lavori, spingendo Russo a rivolgersi a Francesco Napoli, all’epoca ancora a piede libero e considerato capo della famiglia mafiosa, per risolvere la controversia.
La decisione di Bucolo di collaborare con la giustizia potrebbe avere ripercussioni significative su “una buona fetta di Cosa Nostra catanese“, come sottolineato dagli investigatori. La sua posizione di rilievo all’interno del clan Santapaola-Ercolano e la sua diretta conoscenza dei meccanismi estorsivi potrebbero fornire elementi decisivi per ulteriori sviluppi investigativi.
Il processo a carico di Russo riprenderà il 17 settembre con l’inizio della requisitoria del pubblico ministero, mentre le dichiarazioni di Bucolo alla Procura antimafia potrebbero presto tradursi in deposizioni ufficiali nelle aule di tribunale, aprendo nuovi scenari nell’azione di contrasto alla mafia catanese.