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Il leader dei penalisti cita commosso Ousmane Sylla, vita spezzata nel Cpr

La storia tragica del 22enne africano chiude l’anno giudiziario delle Camere penali che dicono basta a un sistema sempre più carcerocentrico.

Roma – Quante morti e quanta sofferenza riempiono le carceri e i Centri di permanenza per i rimpatri. Con questa immagine straziante il presidente Dell’Unione delle Camere penali italiane, Francesco Petrelli, chiude l’inaugurazione dell’anno giudiziario, che si è svolta dopo 3 giorni di sciopero. Tra i motivi dell’astensione l’agghiacciante situazione in cui versano gli istituti di pena. La fotografia emblema della scia di morte è quella di Ousmane Sylla, il 22enne originario della Guinea che si è impiccato nel centro per il rimpatrio di Ponte Galeria a Roma. La voce del presidente dei penalisti trema, si sente il peso dell’impotenza verso l’escalation di tragedie che colpiscono giovani vite nelle mani dello Stato.

E guarda la platea di oltre mille penalisti che ascoltano in silenzio e con gli occhi lucidi quelle parole. Dopo lo sbarco in Italia, il 22enne era stato rinchiuso nel Cpr di Trapani. Poi, un incendio scoppiato nella struttura siciliana il 22 gennaio scorso, aveva portato al suo trasferimento a Ponte Galeria. “Ousmane era triste, voleva tornare in Africa. Sentiva la nostalgia e piangeva spesso. Voleva riabbracciare i due fratelli più piccoli”. Poi il gesto estremo.

Dopo il fermo immagine – drammatico – su Ousmane Petrelli si scuote dall’emozione che ha avvolto la sala del teatro Eliseo e va al dunque: “Dovremmo fare una operazione di inversione culturale per cominciare a far capire che la formula ‘più carcere-più sicurezza’ non funziona, e che è esattamente il contrario. Più si investe in una visione carcerocentrica più aumenta la recidiva e l’insicurezza dei cittadini”.

Il Cpr di Ponte Galeria

Tra gli interventi sul tema anche quello di Rita Bernardini, presidente di “Nessuno tocchi Caino”, che dal 23 gennaio, con il deputato di Italia Viva Roberto Giachetti, è in sciopero della fame per denunciare l’emergenza nelle carceri italiane. “Maggioranza e opposizione – ha annunciato Bernardini – hanno
convenuto di calendarizzare in commissione giustizia alla Camera la proposta sulla liberazione anticipata speciale e ordinamentale. L’esame inizierà martedì, noi proseguiamo lo sciopero della fame perché vogliamo vedere se effettivamente sarà così, ma è un primo passo avanti”.

E ancora, il presidente dell’Unione camere penali avanza una richiesta: “Si ritiri quella proposta di riforma
costituzionale dell’Articolo 27 della Costituzione. Volta a rendere recessiva la finalità rieducativa della pena rispetto a quella retributiva. Riforma volta, così si legge nella relazione della riforma, affinché ‘il giudice possa infliggere pene esemplari’, conferendo, quindi, al nostro sistema penale quel volto terrifico, quella prospettiva intimidativa contraria a ogni logica e ad ogni umanità”.

Rita Bernardini, presidente di “Nessuno tocchi Caino”

Infine Petrelli, rivolgendosi al viceministro Francesco Paolo Sisto seduto in platea, parla fuori dai denti: “Non abbiamo difficoltà a dire sì a iniziative legislative che incontrano il favore della nostra visione del processo e della giustizia penale. Abbiamo detto e diremo quando l’impronta garantista delle riforme ci appare troppo debole e troppo prudente. Abbiamo detto e continueremo a dire no a iniziative che entrano in rotta di collisione con la nostra visione della giustizia penale. Questo non significa l’interruzione di un dialogo, al
contrario, perché riteniamo che un dialogo serio onesto, nasca da un confronto leale, nel quale le parti contrapposte dicano la verità su quello che pensano”.

Ma allo stesso modo, prosegue Petrelli, “non ci fermeremo fino a quando non avremo ottenuto ciò che riterremo giusto ottenere, perché non è una questione che riguarda gli avvocati ma è una questione di giustizia sostanziale che coinvolge tutti i cittadini. Tra la posizione della difesa d’ufficio e la difesa fiduciaria si è privilegiata quella più forte, la difesa fiduciaria, e quindi faremo altre astensioni, porremo questioni di legittimità costituzionale, non ci fermeremo”, conclude riferendosi al mancato accoglimento della richiesta di abrogazione di alcuni commi dell’articolo 581 del codice di procedura penale, intervento ritenuto indispensabile a garanzia dei soggetti più deboli che usufruiscono della difesa d’ufficio.

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