Il lavoro stagionale scagiona i giovani fannulloni, 76% delle aziende non in regola

L’Ispettorato del lavoro nel monitoraggio in tutta Italia su 445 aziende del settore, ha scoperto irregolarità addirittura, del 98% al Sud.

Roma – I giovani di oggi sono scansafatiche e fannulloni? Non proprio! In prossimità dell’estate e del lavoro stagionale torna il tormentone sui giovani “fannulloni e scansafatiche” che fa il paio con “voglia di lavorare saltami addosso, lavora tu per me che io non posso”. La solita litania pregiudiziale che si ripete, puntuale come le tasse, in ogni epoca storica, almeno dal dopoguerra ad oggi. Gli alberghi sono senza personale, i ristoranti senza camerieri, gli stabilimenti balneari senza bagnini.

Si tratta di un settore senza rinnovo dei contratti nazionali da anni, spesso con retribuzioni in nero che, oltretutto, vengono erose dall’inflazione perché il potere d’acquisto è calato. Insomma la precarietà e l’irregolarità la fanno da padroni. E poi si dice che i giovani non hanno voglia di lavorare? Una domanda sulle ragioni per cui c’è scarsità di personale, no? Il turismo, considerato il fiore all’occhiello dell’economia italiana, si comporta quasi come un paziente “bipolare”: premuroso nel soddisfare le esigenze della clientela, menefreghista nei confronti del personale.

Eh già, i primi fanno guadagnare, i secondi costituiscono una perdita! È questo il succo della teoria di tanti imprenditori che pensano a rimpinguare il portafoglio scavalcando diritti, regolarità contrattuali e retribuzioni. Se è sacrosanto il rispetto del cliente, lo è altrettanto quello del dipendente che andrebbe visto come una risorsa e non un costo! Il settore, inoltre, conta una miriade di contratti nazionali tra strutture ricettive, pubblici esercizi, agenzie di viaggio, aziende termali e stabilimenti balneari, tutti senza rinnovo. In questa maniera si comprende come gli emolumenti, ancorati al passato quando l’inflazione non aveva raggiunto le percentuali odierne, risultino insufficienti.

Ma fosse solo questo a preoccupare! L’anno scorso l’Ispettorato del lavoro, il cui compito è la verifica del rispetto delle norme in materia di lavoro, legislazione sociale, contributiva ed assicurativa, nonché in materia di salute e sicurezza, ha condotto un monitoraggio in tutta Italia di 445 aziende del settore, di cui è emerso che il 76% di esse era irregolare per quanto riguarda il livello contrattuale e la sicurezza, con percentuali del 78% al Nord-Ovest e, addirittura, del 98% al Sud. Questi dati riguardano anche il cosiddetto “lavoro grigio”, ovvero persone che lavorano 40 ore settimanali, malgrado abbiano un contratto part-time di 20. Su quest’aspetto sono in corso molte vertenze, in quanto quando si fa domanda di NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego, un’indennità mensile di disoccupazione erogata ai lavoratori dipendenti che abbiano perso involontariamente l’occupazione) il sussidio viene calcolato sulle 20 ore, quelle contrattualizzate.

Danneggiati e beffati! I lavoratori più giovani, pare, non vogliano più subire questa situazione, con condizioni di sfruttamento. Non sarà questo, forse, una delle ragioni per cui non si trova personale? Altro che scansafatiche, è la consapevolezza che a certe condizioni bisogna dire: basta! Un altro aspetto che rende il contesto ancora più critico è costituito dalle “esternalizzazioni” di alcuni servizi degli alberghi, come la pulizia delle camere. L’impresa che si aggiudica l’appalto adotta dei contratti pirata meno onerosi, oppure utilizza il cottimo, per cui, ad esempio, lo stipendio viene elargito calcolando il numero di stanze fatte e le paghe, spesso, sono irrisorie.

Com’è noto lavorare “a cottimo” significa che il compenso percepito è commisurato alla quantità di lavoro prodotto e non invece, come dovrebbe essere, su quanto dura la prestazione lavorativa. Siamo alle solite: cambiano gli attori, ma la musica è sempre la stessa. Ovvero, si raggiunge il profitto, sempre e solo, sulla pelle dei poveri cristi, malpagati, sfruttati e bistrattati perché non hanno voglia di lavorare (sic!). E’ l’economia all’italiana, bellezza!

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