Il diamante da laboratorio infrange il mito del (costoso) pegno d’amore

Il film-documentario “Nulla è per sempre”, targato Netflix, insinua dubbi sull’esclusivo mercato delle gemme.

Roma – Alcuni dicono che guardare la tv in streaming e on demand rubi tempo alla vita “vera”. Ma il film-documentario di Netflix  “Nulla è per sempre” insinua traballanti dubbi su ciò che può essere considerato reale o che rappresenta un valore, sia esso simbolico oppure monetizzabile.

Parliamo del sempiterno pegno d’amore rappresentato da un diamante. Piccolo, grande, offerto in ginocchio o regalato alla nascita di un figlio, il diamante secondo coloro che finora ne hanno gestito il monopolio è un messaggio che comunica a chi lo riceve quanto vale per l’amato/a.  I diamanti infatti costano parecchio. Ere geologiche li hanno formati e ingenti investimenti vengono fatti per estrarli e valorizzarli con il “cut”. 

Ma nell’era della tecnologia fantascientifica che viviamo,  il processo di cristallizzazione, come in un film accelerato, può essere ormai attuato comprimendo artificialmente  il materiale e creando in pochi giorni, un diamante che è  indistinguibile dall’originale. Nessuno, neanche il più esperto gemmologo,  sarebbe in grado di individuare un diamante realizzato dall’uomo da uno creato dalla natura.

Da tempo mani furtive hanno gettato diamanti artificiali nel mucchio di quelli secolari. Forse anche il vostro diamante pagato a peso d’oro è semplicemente frutto della tecnologia. Il risultato è che il mito creato per vendere diamanti facendoli pagare moltissimo, usandoli anche come forma di  investimento, era una falsa realtà, confezionata ad hoc dai grandi commercianti con un marketing vincente. Ci siamo cascati tutti, se non proprio nell’acquisto almeno nella narrazione. Pare che i diamanti non fossero neppure così rari, ma che il loro numero  venisse calmierato per accrescerne il prezzo.

Ora che più o meno chiunque può permettersi una gemma per un prezzo abbordabile, quelle pietre  ci appaiono  improvvisamente in tutta la loro sterilità e freddezza. Era proprio vero, come cantava  Fabrizio de Andrè, che “dai diamanti non nasce niente”. E che i sogni muoiono all’alba.

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