Il “caldo killer” miete 44mila vittime: nel 2100 il numero potrebbe triplicarsi

A lanciare l’allarme è uno studio apparso su “The Lancet Public Health”: l’invecchiamento della popolazione completa il quadro catastrofico.

Roma – Il caldo, un killer spietato! A parere degli esperti, nel luglio scorso è stata registrata la temperatura più elevata della storia, (17,16°C). Il caldo è uno spietato killer, le morti annue sono circa 44 mila. Ma gli effetti deleteri non finiscono qui, perché ci sono anche le morti indirette, causate da incendi, siccittà, incidenza sulla salute mentale e sugli ecosistemi. Una raffigurazione che puo’ far gioire solo gli impresari di pompe funebre, se sono sopravvissuti allo scempio! Nel tritacarne delle notizie che oggi è diventata l’informazione, non si possono non menzionare i 1300 pellegrini deceduti mentre stavano andandando alla Mecca in Arabia Saudita o gli 80 morti nello stesso giorno in India. Il fatto preoccupante è che il caldo continuerà a mietere vittime anche nella mite, climaticamente, Europa.

A lanciare l’allarme è uno studio apparso su “The Lancet Public Health”, una rivista internazionale di medicina generale, tra le più prestigiose e citate, secondo cui i decessi potrebbero triplicarsi entro fine secolo! Questa falcidia potrebbe produrre forti criticità ai sistemi sanitari nazionali. Innanzitutto, le ondate di calore saranno caratterizzate da massime e minime molte elevate e da un clima tropicale durante la notte. La temperatura sarà, infatti, almeno di 21°. L’invecchiamento della popolazione completa il quadro catastrofico, in quanto le vittime saranno, in maggioranza, dagli 85 anni in su. Tutte le città saranno tappezzate di manifesti funebri. E’ come se il caldo avesse voluto prendersi una rivincita sul freddo, che finora aveva provocato morti più del caldo. Ma il cambiamento climatico sta provocando questo mutamento, i cui pericoli più alti si manifesterebbero con temperature cresciute di 3 o 4°.

A parole, dove i politici raggiungono l’Oscar, la temperatura non dev’essere più alta di 1,5° (il valore preindustriale), ma i fatti ci dicono che che questo limite sarà facilmente superato! Tutte le promesse fatte nel restare racchiusi in quella cifra si sono, come al solito, disperse nel vento. Nel 2100, in Europa, i decessi potrebbero passare dai 44 mila attuali ai 129 mila. Il numero è destinato a crescere per le morti collaterali, provocate cioè da incendi, scomparsa di raccolti, siccità, influenza sugli ecosistemi e, finanche, dalla salute mentale e dal rischio di abortire. Sulle strutture economiche di ogni Paese si abbatterà una sorta di tsunami che inasprirà le disparità economiche. Ovviamente le fasce sociali più fragili saranno le prime vittime designate. E poi si dice che i soldi non fanno la felicità, figurarsi la miseria! Infatti, questi poveri cristi destinati ad immolarsi per il caldo, non possono lasciare la città in estate per andare in luoghi più freschi, perché hanno il portafoglio vuoto.

Meglio crepare, forse, una preoccupazione in meno per il servizio sanitario! Gli altri sfigati, saranno i carcerati, come anche le recenti cronache hanno dimostrato, in cui sommosse e tumulti a cauda del caldo sono stati all’ordine del giorno. Secondo gli autori dello studio l’area europea più vulnerabile sarà quella mediterranea, con Spagna, Grecia, Italia e sud della Francia. E i decisori politici europei cosa fanno? Se la prendono comoda o quando agiscono è per rallentare l’iter di provvedimenti già assunti. Come nel caso del governo europeo a guida Von der Leyen che nel ribadire le promesse a favore del “Green Deal”, in realtà l’ha svuotato dei contenuti ambientalisti per favorire le lobbies fossili e agroalimentari. Per la cronaca, il “Green Deal” europeo è un pacchetto di iniziative strategiche che mira ad avviare l’UE sulla strada di una transizione verde, con l’obiettivo ultimo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Se si spera, quindi, che la classe politica possa tesaurizzare dati scientifici come lo studio summenzionato e porre rimedio alle disuguaglianze economiche, sanitarie e geografiche, siamo freschi: si fa prima a prenotare una bara!

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa