Il “brutto vizio” della polizia statunitense

Hanno fatto il giro del mondo le raccapriccianti immagini dei video relativi alle intollerabili violenze perpetrate su un cittadino di colore da parte della polizia statunitense.

Roma – Il fatto increscioso è successo a Memphis, la città sul fiume Mississippi nel Sudovest del Tennessee, Stato situato a sud degli USA, famosa per la musica blues, soul e rock ‘n’ roll. Da oggi lo sarà, purtroppo, anche per questo luttuoso accadimento. Non sono mancate le frasi di circostanza, come quelle del presidente USA Biden che ha dichiarato alla stampa: “Come tanti, sono indignato e profondamente addolorato nel vedere l’orribile video del pestaggio che ha provocato la morte di Tyre Nichols”, il malcapitato cittadino su cui si è riversata la gratuita violenza della polizia fino ad ucciderlo.

No comment…

Le stesse frasi, più o meno, furono ripetute nel 2020 per l’uccisione di George Floyd, un altro afroamericano, durante un arresto a Minneapolis, nel Minnesota. Stesso copione, stesso film, stesso finale. Nelle immagini si vede chiaramente che il ragazzo, non essendosi fermato al rosso di un semaforo, viene inseguito, raggiunto, fermato, ammanettato e picchiato selvaggiamente. All’inizio si scorgono 5 agenti, anch’essi afroamericani, che continuano a menare fendenti su un individuo inerme a terra. Pare che siano 5 i video del pestaggio in circolazione. I 5 poliziotti sono stati licenziati in tronco con l’accusa di omicidio di secondo grado, aggressione, sequestro di persona, cattiva condotta e abuso.

L’uccisione di George Floyd ad opera di un poliziotto.

Gli stessi inquirenti non hanno potuto non constatare di trattarsi di “violenza disumana”, com’è stata definita da uno di loro. Il povero Nichols, così come Floyd, mentre veniva colpito con violenza da calci e pugni, ha invocato: “Mamma, mamma!”. E’ l’invocazione che si fa, a tutte le latitudini, sin da quando si è bambini, quando ci si trova in momenti di difficoltà, si chiede aiuto e ci si rivolge alla persona che ci è stata più vicina dalla nascita. E lo facciamo anche quando si diventa adulti, perché il cordone ombelicale virtuale non si rompe mai del tutto, anche a distanza. Solo che nemmeno la madre, in questo caso, avrebbe potuto fare qualcosa, di fronte all’orrende sorte del suo ragazzo.

L’aspetto ancora più deprecabile è che nessun agente, avvicinatosi al luogo dell’avvenimento, abbia sentito il dovere di dire qualcosa per fermare l’obbrobrio. Una sorta di omertà, di tacito consenso, che è la dimostrazione di come questi modi di agire siano diventati “sistema”. E non riguardano solo gli USA, ma anche altri Stati che si richiamano ad una costituzione democratica. Anche l’Italia è dentro fino al collo in questo “squallido contesto”, basti ricordare il “caso Cucchi” nel 2009 o le violenze contro i manifestanti durante il G8 di Genova nel 2001, tanto per citare alcuni casi.

Tyre Nichols

Il primo riguarda la morte di Stefano Cucchi, mentre era sottoposto a custodia cautelare. Il secondo alle inaudite violenze perpetrate dalla polizia contro pacifici manifestanti durante l’irruzione alla caserma “Diaz” di Genova. Dopo la morte del povero Nichols, ci sono state molte manifestazioni di protesta con vari scontri e incidenti tra polizia e dimostranti. È un vulnus che colpisce diversi Stati democratici e che li rende, da questo punto di vista, somiglianti a quelli autoritari. Solo col rispetto della legge, a cui devono attenersi anche i tutori dell’ordine e con una diffusa mentalità “legalitaria” si può sperare di non cadere nel baratro dell’autoritarismo diffuso su vasta scala.                      

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