Sembrava un oscuro presagio quello del giovane salito a bordo del sommergibile per compiacere il padre. Presagio divenuto realtà in seguito ad un tragico destino che ha spezzato le vite di tutto l’equipaggio.
NEW YORK – Suleman Dawooh, 19 anni, studente alla Strathclyde University di Glasgow, in Inghilterra, non era pronto per quell’avventura mozzafiato. Anzi era terrorizzato al solo pensiero di scendere negli abissi, a migliaia di metri sott’acqua, per vedere ciò che resta del Titanic.
Il terrore gli faceva contare i giorni che rimanevano prima dell’imbarco su quel piccolo siluro di ferro e titanio dove avrebbe trovato la morte assieme al padre, l’uomo d’affari pachistano Shahzada Dawood, e ad altre tre persone, lo stesso amministratore delegato dell’azienda OceanGate, proprietario e pilota del batiscafo Titan, Stockton Rush, il miliardario britannico Hamish Harding e il possidente francese Paul-Henry Nargeolet. Insomma il giovane si era poi convinto per non dare un dispiacere al padre, ma sino al giorno della partenza Suleman non faceva altro che chiedere informazioni su quel viaggio maledetto da cui non sarebbe più tornato:
”Era terrorizzato – ha detto Azmeh Dawood, zia del giovane e sorella del padre – mi sento come se fossi stata catturata in un film orribile con una sorta di conto alla rovescia, anche se non sai per cosa lo stai facendo…”. Shahzada apparteneva ad una delle dinastie industriali più ricche del Pakistan.
La Dawood Hercules Corporation, la multinazionale di famiglia, realizza grossi investimenti nel comparto agricolo e della sanità. L’industriale era appassionato della storia del Titanic, il transatlantico salpato dal porto di Southampton, in Inghilterra, il 10 aprile 1912 e mai arrivato a New York, mentre il figlio era un grande fan della letteratura di fantascienza e delle scoperte scientifiche. Amava la pallavolo e il cubo di Rubrik e aveva appena completato il suo primo anno nell’ateneo scozzese. La tragedia ha posto fine ai sogni di padre e figlio. Una tragedia su cui stanno investigando la Guardia Costiera americana, gli esperti federali e i tecnici dell’azienda proprietaria del sommergibile.
In buona sostanza il natante si è immerso nell’oceano Atlantico il 18 giugno scorso, a circa 800 chilometri dalle isole Terranova, assistito da una nave appoggio. Il mezzo subacqueo, secondo i primi rilievi poi confermati dalla autorità statunitensi, sarebbe imploso lo stesso giorno a circa 2.700 metri di profondità, dopo una sorta di allarme radio a cui sarebbe seguito un inquietante silenzio.
La Marina militare americana non ha rivelato quale specifico sistema di rilevazione sia stato utilizzato per captare il suono, perché l’informazione è considerata un segreto militare, ma è probabile che si tratti di un radar utilizzato per individuare sottomarini nemici. Il suono captato, dunque, sarebbe stato compatibile con quello di un’implosione sottomarina. Il terribile sinistro, infatti, sarebbe avvenuto allorquando la forte pressione dell’acqua avrebbe superato la resistenza della struttura, provocandone il collasso.
Un po’ come appare nei film, le pareti del batiscafo si piegano verso l’interno mentre tutta la bulloneria salta facendo entrare nel mezzo, in pochi secondi, l’acqua a pressione fortissima, tanto forte da dilaniare un corpo umano. Nonostante fosse data per scontata la morte dei cinque passeggeri, le ricerche del Titan sono andate avanti per cinque giorni poiché l’Ocean Gate, l’azienda produttrice e titolare del sommergibile, aveva stimato in 96 ore l’autonomia di ossigeno del mezzo, con il quale aveva perso ogni contatto dalle prime ore di domenica, circa due ore dopo l’inizio della fase di discesa.
Alle operazioni di ricerca hanno partecipato oltre alle unità navali militari, navi commerciali e altri natanti di proprietà di aziende che si occupano di esplorazioni sottomarine. Le condizioni proibitive del mare e l’improbabilità di rinvenire pezzi appartenenti al piccolo batiscafo in una superficie marina estremamente ampia hanno reso tutto più difficile. Poi il ritrovamento di detriti riconducibili al piccolo sommergibile depositati a 4mila metri di profondità, alla distanza di 550 metri dal Titanic, avrebbero confermato la sciagura. Ironia della sorte, la moglie del pilota e proprietario del Titan, Wendy Rush, è la pronipote di Isidor e Ida Straus, due passeggeri di prima classe che erano a bordo del Titanic durante la disgrazia. Pare che un tecnico della Ocean Gate sarebbe stato licenziato perché aveva giudicato il sommergibile poco sicuro. Che sfiga.