C’è uno strano movimento di protesta che si aggira nel nostro Paese. La sua genesi, almeno dal punto di vista letterale, si può fare risalire ai movimenti “no global” sorti alla fine dello scorso secolo.
Roma – Si trattava di organizzazioni non governative (ONG), associazioni e piccoli gruppi abbastanza eterogenei dal punto di vista politico, ma che avevano un tratto in comune nella critica alla globalizzazione, soprattutto economica. Da questo contesto culturale, in Italia sono nati vari movimenti di protesta, tra cui il più noto è, senza dubbio, quello dei “No Tav”, sorto negli anni ‘90 del XX secolo (e ancora vivo e vegeto) per opporsi alla realizzazione di infrastrutture per l’alta velocità ferroviaria – nota come TAV (Treno ad Alta Velocità) – in Val di Susa, nel Piemonte occidentale.
Oggetto della contestazione era la gestione inadeguata dei beni comuni, della spesa pubblica e della politica, oltre ai costi esorbitanti in rapporto all’utilità sociale, all’impatto ambientale e i danni alla salute umana. Tutti nodi che sono venuti, poi, al pettine, visto lo stato di degrado dell’ambiente.
Ora, forse, su questa scia, si sta imponendo con autorevolezza il movimento “No Wash”, letteralmente “no lavaggio”. I sostenitori di questa tendenza sono del parere che non serva lavare spesso gli indumenti in lavatrice. Si risparmia acqua, una risorsa sempre più scarsa e si fa del bene all’ambiente, utilizzando poche volte il detersivo. Fra coloro che aderiscono a questo nuovo modo di lavare gli indumenti c’è pure qualche personaggio famoso, come la stilista britannica Stella McCartney.
I No Wash, ad esempio, quando rientrano a casa, appendono i capi indossati durante il giorno – scelti in modo che il materiale non raccolga troppo odore – e spruzzano su di loro aceto e vodka all’altezza delle ascelle. Questa tendenza si sta diffondendo così velocemente che “Wool & Co”, marchio italiano appartenente a Woolgroup, produttore di lana merinos, sostiene che i loro capi possono essere lavati anche una volta all’anno. In questo modo si incide dal 30 al 70% sulle emissioni prodotte dall’indumento.
Una modalità osteggiata da Carlo Signorelli, ordinario di Igiene presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, che al quotidiano Il Messaggero ha dichiarato: “È una pessima idea, perché virus e batteri si depositano sui capi”. Il professore, inoltre, ha dispensato dei consigli utili. Ad esempio, lavare con frequenza i capi che stanno a contatto sulla pelle a bassa temperatura e usando detersivi ecologici per rispettare l’ambiente.
Ma, oltre a non lavare spesso i propri indumenti, tra i No Wash vi è anche chi cura poco la propria igiene personale. Anche questa tendenza rischia di diffondersi a causa di un processo di imitazione, visto che è praticata da molti vip.
L’attrice Charlize Theron ha dichiarato di farsi una doccia a settimana. Imitato dal suo collega Leonardo Di Caprio, che è notoriamente impegnato nella difesa dell’ambiente ed è contrario anche all’uso del deodorante. Divertente la motivazione data da Brad Pitt – altro famoso attore – il quale ha dichiarato di non aver tempo per farsi una doccia, in quanto ha sei figli a cui badare e, spesso, resta soddisfatto dall’uso di una salvietta umidificata.
È chiaro che l’igiene personale è importante, perché previene eventuali malattie o infezioni derivanti dal contatto con germi e batteri. Però senza esagerare. Anche perché, come sostengono i dermatologi, lavarsi frequentemente altera il pH della pelle ed elimina i batteri buoni e gli oli naturali protettivi dell’epidermide. Moderazione dunque!
Almeno si evita, si spera, di incontrare persone per strada che sembrano profumerie ambulanti, la cui combinazione con sudore e umidità lascia nell’aria degli… olezzi non certo gradevoli! Antonio Zarra