Un braccio di ferro con la Serbia iniziato nel 2014: un’inchiesta ora svela che i dipinti da restituire sono addirittura 17.
Bologna – Otto quadri appartenenti al patrimonio dello Stato italiano, da Paolo Veneziano a Spinello Aretino, sono “illegittimamente detenuti” nel museo nazionale di Serbia, a Belgrado. Qui arrivarono in modo misterioso e rocambolesco nell’immediato dopoguerra. Ne è convinta la procura del capoluogo emiliano che da anni dà la caccia a questi dipinti. Tanto che nel 2018 ne aveva ottenuto la confisca. Ma gli otto quadri – e ora si scopre che potrebbero essere più del doppio, ossia 17 – sono ancora a Belgrado. Nonostante le richieste di rogatoria per la restituzione, le autorità serbe fanno orecchie da mercante.
Un lungo braccio di ferro giudiziario – ricostruito nel libro di prossima pubblicazione da Mursia “Bottino di guerra”, dei giornalisti Tommaso Romanin e Vincenzo Sinapi – che inizia nel 2014, quando un appuntato dei carabinieri della Tutela del patrimonio culturale di Firenze, facendo una ricerca di routine sul web, si imbatte in un quadro esposto in una rassegna allestita a Bari e a Bologna dieci anni prima, tra il 2004 e il 2005. Acquistato da Goering, il braccio destro di Hitler, durante la Seconda guerra mondiale, il dipinto era stato illecitamente esportato in Germania.
A quel punto escono allo scoperto anche gli altri sette dipinti: tutti finiti nella razzia, tutti in mano alla Serbia. Gli “8 prigionieri di guerra” facevano parte di 166 oggetti portati via col raggiro, nel 1949, dal Central collecting point di Monaco di Baviera, protagonista il faccendiere croato Ante Topic Mimara e finirono a Belgrado. L’indagine bolognese, coordinata dal pm Roberto Ceroni, si è conclusa con una sentenza del giudice Gianluca Petragnani Gelosi ormai in giudicato e non è chiaro quali saranno i prossimi passi, ma l’inchiesta giornalistica ha aggiunto nuovi tasselli e scoperto che i quadri contesi potrebbero essere di più.