Numerosi e consistenti gli indizi a carico del nipote dell’industriale Mario Bozzoli scomparso come un fantasma dalla sua fabbrica. L’entrata in ditta, l’uscita sospetta ed il ritorno improvviso in fonderia di Giacomo Bozzoli hanno convinto gli inquirenti a chiedere il rinvio a giudizio del giovane imprenditore che dovrà difendersi dall’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere.
MARCHENO – Chiesto il rinvio a giudizio per Giacomo Bozzoli, 36 anni, nipote dell’imprenditore Mario Bozzoli scomparso all’interno della sua fonderia l’8 ottobre del 2015. L’uomo dovrà rispondere di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e distruzione di cadavere. La procura generale di Brescia, diretta dal procuratore Pier Luigi Maria Dell’Osso, ha chiesto l’archiviazione per Alex Bozzoli, 31 anni, altro nipote della vittima, e per i due operai Oscar Maggi di 40 anni e Aboagje Abu Akwas di 48, accusati di favoreggiamento non personale per reticenza agli inquirenti nel merito di ciò che avevano visto la sera della scomparsa del noto industriale.
Un grande passo avanti è stato fatto per stabilire la verità su un caso di scomparsa e presunto omicidio che presenta ancora diversi lati oscuri. La ricostruzione dei fatti eseguita dagli inquirenti punta il dito sul giovane rampollo della famiglia di industriali metallurgici che ora come allora si professa innocente. Mario Bozzoli telefonava per l’ultima volta alla moglie Irene Zubani alle 19.11 della sera dell’8 ottobre del 2015 mentre si trovava ancora dentro la fonderia di Marcheno, più esattamente vicino ai forni. L’uomo dice alla consorte che rientrerà a casa di lì a poco, appena si sarà cambiato in spogliatoio. Due minuti di telefonata poi più nulla. Bozzoli si volatilizza all’interno della sua azienda mentre gli altiforni vanno a pieno regime. Per gli inquirenti Mario Bozzoli verrà aggredito mentre si reca nello spogliatoio da qualcuno che ben conosceva abitudini e spostamenti.
Le telecamere di sorveglianza, interne al capannone, non registreranno nulla di rilevante perché qualcuno si sarebbe preoccupato di girarle e puntarle in direzione di angoli bui o, addirittura, del pavimento. Un minuto dopo la scomparsa dell’imprenditore il nipote Giacomo Bozzoli, sospettato numero uno per via dei suoi ripetuti litigi con lo zio per motivi d’interesse, riceveva una telefonata dall’allora fidanzata Antonella Colossi.
L’uomo non risponde e la donna riattacca. Dopo dieci minuti sarà Giacomo Bozzoli a richiamare la compagna ma in quel lasso di tempo che cosa era accaduto? Secondo i tabulati telefonici la donna richiamerà Giacomo ancora quattro volte, tra le 19.27 e le 19.30, ma Giacomo farà squillare a vuoto il suo telefonino. Per quale motivo? Che cosa stava facendo ancora? Il forno continua a funzionare ma nell’intervallo di tempo durante il quale il giovane Bozzoli non risponde, in uno dei due altiforni scatta l’allarme: una fumata anomala alle 19.21.
Dentro il capannone c’era anche Giuseppe Ghirardini che avrebbe ricevuto l’ordine di continuare la fusione. Un evento occasionale ben pianificato per sbarazzarsi di qualcuno o per sviare l’attenzione dei presenti su qualcosa di grave che stava succedendo? Giacomo Bozzoli telefonerà ad Antonella alle 19.30 per poi uscire subito dall’azienda a bordo della sua Porsche Cayenne bianca ripresa nitidamente dalle telecamere esterne del sistema video a circuito chiuso. Giacomo Bozzoli, proprio quel giorno, non era di turno in fonderia. Il giovane però non solo si trovava in sede ma ci sarebbe rimasto oltre l’orario di fine lavoro. L’uomo riferirà agli inquirenti che non era la prima volta e che spesso usciva dalla fabbrica per poi farvi rientro per i più svariati motivi, particolare che verrà confermato anche dai suoi operai.
Dopo essere uscito in auto dalla fonderia Giacomo Bozzoli torna indietro 13 minuti dopo, ovvero alle 19.43. Stavolta gli operai riferiranno che mai avevano visto tornare in azienda il giovane dirigente dopo appena dieci minuti dalla sua uscita. Strano, davvero strano. Ma c’è dell’altro: i suoi dipendenti noteranno che Giacomo aveva posteggiato la sua auto davanti agli spogliatoi e non vicino agli uffici dove era solito lasciare il fuoristrada. Anche quell’angolo è privo di telecamere dunque chiunque fosse entrato o uscito dagli spogliatoi non poteva essere ripreso. Per gli investigatori quei tredici minuti sarebbero serviti a Giacomo Bozzoli per caricare il cadavere dello zio a bordo del Suv per poi farlo sparire chissà dove. Questo qualora l’ipotesi della morte all’interno del forno possa perdere consistenza. Giacomo Bozzoli, più volte interrogato sulla scomparsa dello zio, aveva sempre dato una stravagante versione dei fatti:”…Non ho idea di dove possa essere mio zio, le mie uniche ipotesi sono che l’abbiano sequestrato o che sia fuggito con un’amante…”.
Mario Bozzoli è stato sequestrato né avrebbe mai avuto un’amante. In realtà non c’era nessuna amante nella vita di Mario Bozzoli, lo stabiliranno gli inquirenti. In realtà il nipote non poteva vedere lo zio e fra i due c’erano solo conflitti. Giacomo Bozzoli dovrà anche giustificare la presenza di una bottiglietta di Etere etilico ritrovata sul suo armadietto. Che ci faceva quel potente anestetico in quella zona dell’azienda dove potrebbe essersi compiuto l’omicidio secondo un’altra ipotesi? Domande che cercano risposte. Il resto si vedrà al processo.