I dati Eurostat 2024 mostrano progressi occupazionali femminili nel settore culturale, ma resta il divario salariale medio del 13,5%.
Il problema della disparità di genere nelle retribuzioni continua ad essere un nervo scoperto delle nostre società. Se ne discute da anni, ormai, ma i progressi, finora, sono stati molto lenti. Su questo tema gli ultimi dati di Eurostat, l’ufficio europeo di statistica confermano il trend, malgrado nel settore culturale il divario di genere occupazionale si sia ridotto allo 0,8% nel 2024. Addirittura in 16 Paesi dell’Unione la percentuale di donne occupate nella cultura è superiore a quella maschile. Ad esempio, in Lettonia e Lituania sono state registrate punte di 32,6% e 24,2% rispettivamente a vantaggio delle donne.

In 11 Paesi, tra cui Spagna e Italia, la percentuale più alta, come da tradizione, ha riguardato gli uomini. Poi ci sono Paesi come Austria, Grecia e Romania in cui il divario di genere è quasi nullo. Sono dati incoraggianti per l’esercizio del diritto di uguaglianza. Tuttavia persiste il divario nella percezione degli stipendi, a parità di competenze professionali. E’ un fenomeno perverso prodotto della concezione maschiocentrica della società e del potere. Il privilegio è duro a morire e coloro che ne godono gli effetti, sono abbarbicati ad esso con le unghie e coi denti.
In 26 Paesi su 27 dell’Unione Europea (UE), i maschi, in questo campo, guadagnano più delle donne. I numeri sono sconcertanti e dovrebbero sollecitare il legislatore ad annullare quelle che è una grande iniquità giuridica ed economica. In media gli uomini hanno uno stipendio superiore a quello delle donne del 13,5%. Soprattutto nel comparto “stampa e affini” la retribuzione femminile è inferiore del 12,45% rispetto agli uomini. Anche nel settore cinematografico, televisivo e video, si assiste allo stesso refrain. Qui le donne a basso salario sono il 23%, mentre gli uomini il 15,1%. Lo squilibrio si conferma nelle posizioni apicali. Le donne dirigenti negli ultimi 10 anni sono state sempre inferiori al 50%. Inoltre, Eurostat ha analizzato il grado di partecipazione delle donne alle attività culturali, superiore a quello maschile in tutte le fasce d’età, tranne tra gli over 65.

Questo fenomeno si è verificato in ben 17 Paesi dell’UE. In Danimarca il tasso di partecipazione delle donne è stato quasi dell’80%, al contrario il Lussemburgo sono gli uomini ad aver raggiunto un tasso elevato, il 77,5%. La partecipazione ha raggiunto numeri molto bassi, senza distinzioni di sesso, in Bulgaria dove è stato registrato un tasso del 20,5% femminile e 18,7% maschile. A seguire Romania e Croazia, a confermare, forse, le difficoltà dei Paesi dell’est, di cultura democratica recente e, quindi poco avvezzi alla partecipazione politica e sociale.
Come conclude il report di Eurostat “è la testimonianza che, malgrado, la leggera prevalenza femminile come tasso di partecipazione al settore culturale in molti Paesi dell’UE, non si registrano forti disuguaglianze in quest’ambito”. Tuttavia resta il “vulnus” della disparità economica svolgendo lo stesso tipo di lavoro. Non si comprende quale sia il fondamento di questa scelta scellerata, se non di dominio e di potere del maschio nei confronti della donna. Il gender pay gap è inammissibile in una società che si definisce democratica, se persiste vuol dire che democratica non è!