GELA – ANCHE UN PRETE RUBAVA PANE, VINO E COMPANATICO CON ALTRI 35 BARABBA

Furti e rapine negli ospedali e all'interno dei servizi pubblici rischia di diventare un fenomeno deviante di difficile contrasto. Occorrono più presidi di polizia all'interno di nosocomi e pronto soccorso.

Gela – Una famosa frase recita “si trovan più ladri che forche”. L’Italiano nell’arte del rubare non è secondo a nessuno e se è vero che l’occasione fa l’uomo ladro il popolo italico l’ha sempre colta al volo.

L’ennesima conferma arriva dalla Sicilia, con l’operazione di carabinieri e Procura nissena denominata Magna Magna, eseguita giorni fa nei locali della mensa e delle cucine dell’ospedale “Vittorio Emanuele” di Gela, in provincia di Caltanissetta, trasformati in una sorta di supermarket da cui attingere a piene mani. E gratis.

I militari dell’Arma e i magistrati inquirenti hanno completato le indagini nei confronti di 36 indagati. Fra i “clienti” del supermarket alcuni dipendenti della ditta incaricata della sanificazione e supporto alle cucine dell’azienda ospedaliera, cuochi, operatori sanitari e persino il cappellano della struttura, tutti beccati a fregare cibo e bevande in danno dello Stato.

Almeno 500 i furti di alimenti e materiale vario commessi e documentati in soli due mesi, attraverso l’ausilio di telecamere nascoste, per un valore di circa 24 mila euro. Gli indagati sistematicamente trasportavano all’esterno dell’ospedale prodotti alimentari nascosti all’interno di sacchi di plastica di colore nero, facendoli passare per immondizie.

Non solo, alcuni dipendenti sono stati ripresi ad orinare nel locale adibito a cucina del nosocomio, tra le griglie delle canalette per la raccolta acqua, nascondendosi poi all’interno di un frigo per la conservazione di frutta e verdura.

Inoltre dall’indagine è emersa la scarsa igiene con la quale venivano manipolati e preparati gli alimenti. Insomma uno schifo fra corsie e corridoi. 

Non solo a Gela ma anche altrove sono stati denunciati furti di materiale diverso negli ospedali. Ovviamente il mal comune non fa affatto il mezzo gaudio. Solo qualche mese fa, a fine 2020, familiari di pazienti Covid, alcuni dei quali deceduti, hanno denunciato furti di oggetti personali e maltrattamenti di pazienti a Taranto negli ospedali Moscati e Santissima Annunziata.

Rinaldo Melucci, sindaco della città dei due Mari, aveva convocato il direttore generale dell’Asl Stefano Rossi per un chiarimento sulla brutta situazione venutasi a creare.

Il primo cittadino, in una nota, aveva sottolineato la gravità di certi accadimenti: “…Si tratta di vicende che, se confermate – ha detto Meluccioltre a essere di una gravità inaudita, vanificherebbero gli sforzi che l’intera comunità sta compiendo e che, in particolare, stanno compiendo le istituzioni di ogni genere per garantire i diritti fondamentali dei cittadini in questo particolare periodo… Nessuna emergenza può giustificare abusi, superficialità o deroghe al corretto esercizio di qualsiasi genere di servizio essenziale, a maggior ragione dei servizi di natura sanitaria…”.

Dopo le notizie relative alle denunce la direzione generale dell’Asl aveva chiarito che piccoli oggetti di valore si trovavano custoditi e repertati nella cassaforte allocata nel Punto di primo intervento del 118 dell’ospedale S. Giuseppe Moscati, mentre altri oggetti erano stati conservati in altre aree del reparto.

Stando alle dichiarazioni dell’azienda sanitaria si sarebbe trattato di un difetto di comunicazione da parte degli incaricati del reparto. Tutto chiarito dunque se non fosse che i familiari di pazienti Covid hanno lamentato la cancellazione della memoria, che conteneva importanti ricordi affettivi e intimi, di alcuni cellulari poi restituiti. Perché arrivare a queste vigliaccate?

Chissà, forse in quell’ospedale qualcosa di strano potrebbe essere accaduta e filmata e poi il fattaccio doveva essere cancellato. Di notizie di piccoli furti all’interno dei nosocomi sono puntualmente piene le cronache e a volte i ladri non sono personale sanitario o familiari ma i pazienti stessi.

Qualcuno addirittura si fa ricoverare con pretesti vari per poter rubare. È quanto successo qualche tempo fa al pronto soccorso del San Carlo di Milano ma anche a Napoli, Caserta e in altri capoluoghi di provincia. Un tunisino di 35 anni giunto in autoambulanza, una volta ricoverato, nottetempo aveva cominciato ad aggirarsi tra i reparti per rubare denaro e preziosi.

Questo atteggiamento aveva attirato l’attenzione di un’infermiera che lo aveva seguito e colto su fatto mentre si impossessava della borsa di una paziente e aveva chiamato la polizia. Il 35enne è finito in manette e il maltolto è tornato alla legittima proprietaria.

Da un lato la criminalità organizzata che sta facendo affari d’oro con la pandemia, dall’altro la micro-criminalità che dilaga in tutta Italia, la sicurezza di ospedali e centri sanitari è messa a dura prova ed i presidi di polizia non sono sufficienti a contrastare un fenomeno che rischia di diventare una piaga. 

 

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