Si parla di riaprire ma chi ha chiuso i battenti, prima o poi, presenterà il conto. A stomaco vuoto sarà difficile rialzarsi se già gravati da debiti e da un Fisco implacabile.
Oggi saracinesche su. Atmosfera surreale dopo più di due mesi di clausura. Milano sembra di nuovo Milano, Roma sembra di nuovo Roma e cosi tutte le altre città. Città senza facce e senza mani. O, se preferite, mascherine chirurgiche e guanti di gomma. Si vede e si sente che molto più di qualcosa è cambiato. Ritorno alla normalità? Forse ma non per tutti. E sono numerosissimi quelli che hanno disdetto i contratti di affitto, che hanno messo in vendita banconi e scaffali, sedie e tavoli, frigo e cucine di trattorie e pub. Stessa cosa per ferramenta, piccoli imprenditori, negozianti al dettaglio e microscopici negozi delle più disparate categorie merceologiche. Per questi lavoratori è finita.
Per loro nessuno ha mosso un dito in maniera concreta e molti di loro, da Nord a Sud, non hanno ricevuto un euro di sostegno. Sin quando hanno potuto resistere l’hanno fatto poi si sono dovuti arrendere ai debiti, alle banche che non danno fiducia, al padrone di casa che reclamava il mensile. Adesso sono allo strette, senza un euro per arrivare a domani, nonostante l’aiuto di parenti e amici ancora solidali:
“… Avevo un ristorante da una decina d’anni ma le mura non erano le mie – racconta Diego da Brescia – quando ho aperto e per un paio d’anni qualche soldo l’ho fatto poi tra spese che aumentavano e un dipendente che mi ha fatto una causa temeraria di lavoro facendo carte false, mi sono indebitato e di cinque dipendenti sono sceso a due. Poi mi sono arrangiato qualche mese con i voucher per gli studenti a giornata ma non ce l’ho fatta lo stesso. Volevo rilanciare l’attività e avevo chiesto diecimila euro in banca. Mi hanno risposto picche.
Un amico che lavora in quella filiale mi ha presentato un usuraio. Ho comprato un po’ di oggetti che mi mancavano, ho messo il bagno a norme e poi è arrivato il virus. Due, tre settimane senza lavorare ed è finita. Cosi ho chiuso ma ho il tizio che rivuole i soldi con gli interessi. Vorrei denunciarlo ma poi che farò…”.
Ma c’e’ anche Marco con il suo piccolo agriturismo in provincia di Pavia. Due mesi di fermo e addio a comunioni, cresime, ricorrenze e i fine settimane. Chiuso il B&B e azzerate le prenotazioni. I fornitori da pagare e le bollette arretrate di tre mesi. La fila al banco dei pegni da dove è uscito con 500 euro in tasca. Ha resistito ancora due settimane poi la fine. Ed il cartello sul cancello d’ingresso: vendesi attività un tempo florida, colpa del Covid-19 e di un sistema creditizio che ti stritola! Per non parlare delle tasse. Ma c’è anche Teresa con la sua bottega di parrucchiera. James il meccanico, Giuseppe il gommista del paese.
Maria appena laureata in Scienze Turistiche che aveva appena avviato un’agenzia di viaggi. 33.000 euro spesi per affitto immobile, arredamento, computer, utenze poi il virus quindi la chiusura. Ad oggi circa 46.000 euro di passività fra prenotazioni annullate e viaggi disdetti. Come farà a riaprire Maria? A conti fatti sono milioni e milioni di euro in fumo a cui si debbono aggiungere le scadenze fiscali del 1 settembre e quella milionata di cartelle esattoriali che colpiranno un po’ tutti, autonomi in particolare. E i soldi? Quelli dei DPCM che annunciavano fiumi di denaro, dove sono? Arriveranno, non arriveranno? Come faranno a sopravvivere decine di migliaia di persone che fra qualche settimana non avranno più occhi per piangere. E questa me la chiamano ripartenza? La politica si è allontanata dalla gente e distante è rimasta. Vanno avanti i delinquenti e chi se lo può permettere. Come sempre. Cosi ricostruiremo l’Italia? La stessa Italia di prima? No, grazie.