L’uomo ne avrebbe avuta sempre una a disposizione: con la prima ha ucciso il suo migliore amico perché riteneva gli avesse insidiato la moglie. La seconda l’avrebbe ceduta al presunto assassino di Danjela Neza che non voleva più sentirne del collega-amante violento e geloso.
SAVONA – E’ una vecchia conoscenza della polizia l’uomo che avrebbe venduto la pistola calibro 7.65 a Safayou Sow, guineano di 27 anni, con la quale ha ammazzato Danjela Neza, 29 anni di origine albanese, il 6 maggio scorso. Si tratta di Yuri Scalise, 50 anni, arrestato il 22 luglio scorso dalla Squadra mobile savonese per ricettazione e cessione di arma clandestina. Secondo gli inquirenti l’uomo, che il 12 ottobre del 2003 aveva ucciso per gelosia l’amico e vicino di casa Renato Rinino, 41 anni, meglio conosciuto come Renè o Lupin della Riviera, avrebbe consegnato l’arma, una Beretta 7.65, a Safayou Sow, il quale l’avrebbe usata per uccidere con due colpi micidiali Danjela Neza in Piazza delle Nazioni durante un presunto ultimo colloquio chiarificatore.
L’odierno indagato, condannato a 16 anni di carcere per omicidio, aveva usufruito di uno sconto di pena pari a 5 anni dopo averne scontati altrettanti in cella. Poi grazie al comportamento positivo e di convinta volontà di riabilitazione al criminale è stato permesso di uscire dal carcere e di lavorare come fornaio, nelle ore diurne, in un panificio vicino al penitenziario di Marassi, in attesa di riuscire a trasferirsi nel penitenziario di Savona dove sarebbe più vicino alla famiglia. Lasciando stare le inevitabili polemiche sulla sua anticipata anche se parziale libertà, Scalise negava qualsiasi coinvolgimento nella vicenda del femminicidio di Danjela Neza ma gli inquirenti hanno avuto indizi sufficienti per il suo arresto.
Il 26 luglio il Gip Laura De Dominicis rigettava l’istanza per i domiciliari presentata dal difensore di Scalise, l’avvocato Salvatore Di Bella, disponendo la permanenza dietro le sbarre del già detenuto in regime di semilibertà dal 2009, condizione questa ovviamente non più vigente a seguito del nuovo arresto. Gli investigatori, in buona sostanza, non erano convinti della versione dei fatti rilasciata da Sow secondo il quale l’arma del delitto era stata trovata in un cespuglio vicino a piazza delle Nazioni, teatro del femminicidio, più esattamente in un’aiuola del rione Santuario. Per di più il guineano aveva riferito ai poliziotti di detenere l’arma, con matricola abrasa, dentro la sua auto per motivi di legittima difesa a seguito di una patita aggressione.
Durante le indagini, invece, faceva capolino il nome di Scalise e da qui il suo arresto, convalidato dai magistrati inquirenti. L’inchiesta, comunque, sarebbe ancora in corso anche per accertare la provenienza della pistola e di altri eventuali elementi a carico del pregiudicato che, lo ripetiamo, nega ogni addebito su questa seconda vicenda. Yuri Scalise aveva ammazzato con un colpo di pistola il suo amico d’infanzia Renato Rinino, perché riteneva gli avesse insidiato la moglie, cosa poi risultata non veritiera. La vittima, pregiudicato per reati contro il patrimonio sin dall’adolescenza, era salita alla ribalta delle cronache internazionali per aver rubato alla famiglia reale inglese, introducendosi furtivamente nell’abitazione dell’allora principe Carlo, oggi re del Regno Unito, una congrua quantità di preziosi gioielli il 26 febbraio del 1994.
Rinino, datosi alla macchia, era stato per mesi uccel di bosco diventando ben presto il ricercato numero uno di Scotland Yard, la famosa polizia inglese. Tre anni dopo il rocambolesco furto Rinino confessava in tv la sua impresa criminale proponendo di restituire la refurtiva in cambio di una stretta di mano dell’odierno Carlo III, sovrano d’Inghilterra. Poi l’uomo scriveva una lettera di scuse a Carlo dopo aver indicato alla polizia britannica dove ritrovare gran parte del malloppo non ancora rivenduto ai ricettatori. L’allora principe accettava le scuse e recuperava i preziosi gioielli tra cui quelli appartenuti allo Zar Nicola II.
Rinino tornava in Italia come il ladro più famoso del mondo e finiva sotto processo. Anche in questo caso la fortuna arride a Lupin: i giudici dispongono l’improcedibilità dell’azione penale perché la richiesta di rinvio a giudizio non era stata formalizzata in tempo. Il ladro gentiluomo finirà i suoi giorno morto ammazzato con un colpo di pistola alla testa. Sarà Yuri Scalise a premere il grilletto sotto l’effetto di stupefacenti e alcol. La polizia lo catturerà a Coimbra, in Portogallo, dove si era rifugiato.