Fine vita, l’Emilia Romagna conferma: avanti con il suicidio assistito

Insorge la Cei: “Procurare la morte contrasta con il valore della persona, con le finalità dello Stato e con la stessa professione medica”.

Bologna – In attesa che il Parlamento legiferi sul suicidio medicalmente assistito, l’Emilia-Romagna tira dritto per la “sua” strada difendendo la validità di quanto stabilito con una delibera a inizio febbraio: a esprimere parere sulle richieste dei pazienti sarà un organismo ad hoc, il Comitato regionale per l’etica nella clinica (Corec), e resta confermato l’iter definito e comunicato alle Asl che prevede una tempistica di massimo 42 giorni dalla domanda del paziente alla eventuale esecuzione di procedura farmacologica per il fine vita. Non ci stanno le opposizioni, con Forza Italia che parla di federalismo “in salsa emiliana” e porterà avanti il suo ricorso al Tar.

La Giunta Bonaccini risponde alle osservazioni sollevate dal Comitato nazionale di bioetica sottolineando la legittimità di affidare al neonato Corec e non ai Comitati etici territoriali(Cet) già esistenti e normati dal ministero della Salute il ruolo di organismo consultivo (il cui parere è obbligatorio ma non vincolante) nelle richieste di suicidio medicalmente assistito. Per il Comitato nazionale di bioetica il parere avrebbe dovuto essere preferibilmente dei Cet, omogenei in tutta Italia. La Regione invece si appella a un decreto del Ministero della Salute dal quale si evince che i Cet non sono una scelta dovuta laddove esistano specifici organismi per l’etica nella clinica.

sala Giunta regionale Emilia Romagna

Come avviene appunto in Emilia-Romagna dove un comitato etico nella clinica c’era già, nato nel 2020 in via sperimentale all’Ausl Irccs di Reggio Emilia, e dalla cui esperienza ora nasce il Corec. Sfumature di tecnicismi su un tema molto complesso e non meno importante per i cittadini, sul quale più volte la Corte costituzionale ha invitato il Parlamento a legiferare proprio con lo scopo di evitare differenziazioni regionali. L’assessore alla Salute Raffaele Donini sottolinea che è “in attesa di una legge nazionale” che la Regione si muove per rendere esigibile un diritto stabilito dalla sentenza n.242/2019 della Corte costituzionale.

Tutte le Regioni sono chiamate ad applicarla e l’Emilia-Romagna ha inquadrato il suo percorso, anticipando anche una eventuale legge regionale la cui proposta popolare (Pdl Cappato) è rimandata in Commissione per la discussione. Bypassando, almeno per il momento, un voto in aula che dopo il caso Veneto rischiava un effetto boomerang anche per il Pd emiliano-romagnolo. L’iter definito dalla Giunta Bonaccini sarà operativo entro il 25 marzo. In sostanza prevede che le domande dei pazienti – che rispettano i requisiti della sentenza della Corte – siano inviate alla Direzione sanitaria di una Ausl che le trasmette a una Commissione di valutazione area Vasta. Questa per la sua relazione conclusiva deve avere il parere del Corec prima di trasmettere la decisione a paziente e Ausl. I tempi sono ben scanditi e tutto il procedimento si completa in massimo 42 giorni.

Era atteso, il giudizio della Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna sulle “Istruzioni tecnico-operative” con le quali la giunta regionale aveva tracciato il 9 febbraio il percorso per ottenere il suicidio assistito. “Procurare la morte, in forma diretta o tramite il suicidio medicalmente assistito, contrasta radicalmente con il valore della persona, con le finalità dello Stato e con la stessa professione medica”, insorge la Cei. La proposta di legittimare con un decreto amministrativo il suicidio medicalmente assistito, “con una tempistica precisa per la sua realizzazione, presumendo di attuare la sentenza della Corte costituzionale 242/2019, sconcerta quanti riconoscono l’assoluto valore della persona umana e della comunità civile volta a promuoverla e tutelarla. Infatti il valore della vita umana – conclude – si impone da sé in ogni sua fase, specialmente nella fragilità della vecchiaia e della malattia”.

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