Giovedì la riunione della Conferenza Stato-Regioni, dopo l’approvazione del Consiglio regionale della Toscana della legge di iniziativa popolare dell’Associazione Luca Coscioni.
Roma – Imputazione coatta di aiuto al suicidio a carico degli indagati Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Maltese, esponenti dell’Associazione Luca Coscioni, che dovranno affrontare un processo per aver accompagnato in Svizzera il toscano Massimiliano Scalas, 44enne di San Vincenzo (Livorno), affetto da sclerosi multipla. Il gip di Firenze, Agnese Di Girolamo, ha rigettato la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura fiorentina e dalle difese degli indagati, e ha disposto che il pubblico ministero, entro dieci giorni, formuli l’imputazione coatta di aiuto al suicidio nei loro confronti, per un reato punito con una pena da 5 a 12 anni di carcere. Un caso che si incrocia con un dibattito acceso in questo periodo. Domani infatti si terrà una nuova udienza in Corte costituzionale, in cui i giudici dovranno esprimersi su altri due casi rilevanti relativi al fine vita.
Non solo. Il 27 marzo si terrà la riunione della Conferenza Stato-Regioni, con all’ordine del giorno anche il tema del fine vita, dopo l’approvazione da parte del Consiglio regionale della Toscana della legge di iniziativa popolare dell’Associazione Luca Coscioni ‘Liberi subito’. Filomena Gallo e Marco Cappato hanno chiesto ai Presidenti di Regione e agli Assessori alla Sanità di emanare un atto che recepisca a livello nazionale le regole approvate dalla Regione Toscana. Ma tornando alla decisione del gip di Firenze, stabilisce che, nonostante la Corte Costituzionale abbia ampliato l’interpretazione del concetto di “trattamento di sostegno vitale”, Massimiliano Scalas non poteva essere considerato mantenuto in vita da un trattamento di sostegno vitale in quanto, come si legge nell’ordinanza, occorre la “necessità dello stretto collegamento con la natura vitale dei trattamenti di sostegno, al punto che la loro omissione o interruzione determinerebbe prevedibilmente la morte in un breve lasso di tempo”.

Inoltre, la giudice ha rilevato che, come stabilito nella sentenza 135 del 2024, la Corte costituzionale ha sottolineato la necessità di una valutazione da parte di una struttura pubblica del sistema sanitario nazionale. In altre parole, ai fini di stabilire se Massimiliano Scalas rientrasse nei requisiti previsti dalla legge italiana, si nega l’equivalenza della verifica delle condizioni del paziente fatta in Svizzera rispetto a una verifica fatta in Italia. “La nostra è stata un’azione di disobbedienza civile. Con Chiara Lalli e Felicetta Maltese ci eravamo autodenunciati perché eravamo, e siamo, pronti ad assumerci le nostre responsabilità, nel pieno rispetto delle decisioni della magistratura, e nella totale inerzia del Parlamento. Continueremo la nostra azione fino a quando non sarà pienamente garantito il diritto alla libertà di scelta fino alla fine della vita, superando anche le discriminazioni oggi in atto tra malati in situazioni diverse”, afferma Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, dopo la richiesta di imputazione coatta.
“Affronteremo il processo per difendere il diritto ad autodeterminarsi di Massimiliano e di tutte le persone nelle sue condizioni, la cui vita è totalmente dipendente da altri”, spiega l’avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni. Domani si terrà una nuova udienza in Corte costituzionale, in cui i giudici dovranno esprimersi su altri due casi rilevanti relativi al fine vita. Si tratta, ricorda l’Associazione Coscioni, di quello di Elena, una malata oncologica terminale, e quello di Romano, affetto da patologia neurodegenerativa che, come Massimiliano, richiedeva assistenza costante di terze persone per la sua sopravvivenza. Dopodomani, la riunione della Conferenza Stato-Regioni, dopo l’approvazione da parte del Consiglio regionale della Toscana della legge di iniziativa popolare dell’Associazione Luca Coscioni ‘Liberi subito’.

Il 14 marzo scorso il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, ha promulgato la legge regionale sul fine di vita medicalmente assistito. La legge era stata temporaneamente sospesa, dopo l’approvazione da parte del Consiglio regionale, a seguito di un ricorso presentato dal centrodestra al Collegio di garanzia statutaria, ricorso poi rigettato. “La comunicazione da parte del Collegio di garanzia sulla correttezza del testo di legge approvato dal Consiglio regionale l’11 febbraio scorso certifica la piena legittimità di un atto – ha detto Giani – che la Regione Toscana ha deciso di approvare, prima fra le 20 regioni italiane, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale numero 242 del 2019”. E ora a livello nazionale?
Il dibattito è accesissimo, ma si tenta di trovare una strada legislativa. Un primo spiraglio concreto dopo quasi un anno, è arrivato al Senato, dove il centrodestra, attraverso il Comitato ristretto, ha messo sul tavolo uno schema di legge – per ora solo due articoli – per invertire la rotta seguita finora. No al suicidio assistito tout court, sì a condizioni che definiscono quando e come può essere legale in Italia, limitando magari i casi di non punibilità. Gran parte delle opposizioni apprezzano l’apertura, e forti della legge sul fine vita varata in Toscana, chiedono una norma nazionale, dopo i “ritardi” e l’”ostruzionismo” della maggioranza. Restia o contraria a una legge – è l’accusa del centrosinistra – o schermata dalla libertà di coscienza, invocata su un tema così delicato. Fratelli d’Italia però ha riaperto la partita sul fine vita, da tempo arenato nel comitato ristretto delle commissioni Giustizia e Affari sociali del Senato. Anche se Fi e Lega hanno espresso maggiore cautela. L’approvazione della legge regionale toscana, di certo rischia di prefigurare una mappa a macchia di leopardo.
Sulla questione si è espresso l’ex presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, in una intervista a ‘Repubblica’. “Una legge nazionale è necessaria, – ha affermato – proprio per evitare disparità territoriali. E non occorre che i diversi partiti si addentrino in discussioni valoriali. La legge toscana si attiene ai quattro criteri stabiliti dalla Corte costituzionale, ma solo lo Stato può assicurare uniformità di trattamento, ad esempio collegando i comitati etici territoriali attraverso un comitato nazionale – composto dai loro rappresentanti – che fornisca linee guida comuni”.