Aumentano i casi di violenza contro le donne in Italia: la strada da percorrere subito per porre fine a questa orribile mattanza. Codice rosso insufficiente.
Roma – A meno di un mese dall’8 marzo, giornata in cui viene celebrata la Festa della Donna, con tutto il profluvio di retorica e buoni sentimenti e con un flusso continuo di buone intenzioni che accompagna queste occasioni. Ma, come si dice in questi casi, di “buone intenzioni è lastricata la strada dell’inferno”.
In questa giornata è stato reso noto il Rapporto sulle vittime di violenza redatto dalla Direzione centrale della polizia criminale. Ebbene, c’è poco da celebrare: in Italia omicidi, violenza domestica e stalking sono diventati una consuetudine, al punto che si assiste alla mattanza quasi senza opporre resistenza. L’anno scorso, rispetto a due anni prima, il numero di donne ammazzate è cresciuto del 5%, pari a 125 decessi rispetto agli ultimi 119. Sono numeri raccapriccianti, una vittima ogni tre giorni, annientata anche dall’oblio mediatico, dopo lo scalpore dei primi giorni.
Ma la stampa è sempre pronta ad avventarsi come iene fameliche sulla prossima vittima. E la giostra ricominci! L’ambiente in cui maturano questi atroci delitti è la famiglia, il tanto decantato “focolaio domestico” frutto della cultura patriarcale e cattolica, che una cera pubblicità esalta come luogo di pace e serenità. Invece, forse, aveva centrato il problema August Strindberg, drammaturgo svedese dell’800, quando nella sua opera “Tempo di Frammenti” scrisse:
“Magnifica istituzione morale, famiglia santa, fondazione divina, inattaccabile, che deve educare i cittadini alla sincerità e alla virtù! Tu sacro focolare, dove i piccoli innocenti vengono torturati sin dalla loro prima menzogna, dove la forza di volontà viene frantumata dal despotismo, dove lo spirito d’indipendenza viene cancellato dal più cieco egoismo! Famiglia, sei il focolare di ogni vizio sociale, rifugio di ogni donna indolente, una stretta catena per ogni padre di famiglia e l’inferno dei più piccoli!”
Ora proprio in questo caleidoscopio di sentimenti, la percentuale di donne ammazzate è del 74% e le vittime donne sono il 91%. Nel report emerge anche una aumento delle violenze sessuali, così come lo stalking che ha subito un’impennata sino al 2021 per poi decrescere. L’azione di contrasto da parte delle Forze dell’Ordine se è diminuita nel 2021 (il 59% dei reati scoperti), ha poi fatto registrare un incremento fino al 67% nel 2022. Ma il macabro stillicidio non si è arrestato.
Nei primi tre mesi sono già 8 le vittime, assassinate dai loro compagni, mariti o conviventi. Ovvero le persone con cui si è progettato di vivere insieme, ma non di morire per mano che si riteneva amica. Al punto in cui siamo arrivati, che ha raggiunto livelli da vera e propria carneficina, abbiamo bisogno di leggi chiare e applicabili e, soprattutto, la certezza della pena. Inoltre professionisti competenti e capaci di applicare la legge. Non è possibile che non vengano presi provvedimenti idonei quando prima di essere uccise molte donne fanno denuncia per stalking nei confronti dei loro compagni. E non si riesce a proporre alcuna iniziativa se non il divieto di gironzolare attorno all’abitazione della denunciante.
Divieto puntualmente disatteso, tanto è vero che dopo il carnefice riesce a compiere il suo premeditato e programmato delitto. Questi soggetti, una volta denunciati, andrebbero tenuti in spazi adibiti allo scopo, controllati e sottoposti a sedute di psicoterapia e quant’altro possa servire ad estirpare il male che si annida nel loro spirito. Non è possibile che una donna debba essere limitata nella sua libertà d’azione perché perseguitata da un uomo, tanto da sentirsi spiata, controllata, in una parola: braccata. Se riesce a sfuggire alla furia omicida del proprio compagno, i danni psicologici sono stati, comunque tanti, da condizionarne la vita futura.
Perciò bisogna agire subito, senza tentennamenti, senza se e senza ma. Ne va della vita di tante nostre concittadine. C’è, inoltre, un aspetto che non è stato valutato abbastanza. I figli superstiti con un padre in carcere, quando ci va, la mamma morta ammazzata in che condizioni vivranno la loro adolescenza e la loro vita? Interrogativi che meriterebbero una risposta da parte delle istituzioni. Infine, c’è da sottolineare che questo fenomeno è, anche, il prodotto di una scarsa “educazione ai sentimenti” che viene poco considerata nella nostra società. Ed, invece, è alla base del convivere civile…