Aveva 92 anni. Sopravvissuto a minacce e attentati, fu il primo in Calabria a chiudere un’azienda per protesta contro la mafia. I funerali domani a Rizziconi.
Rizziconi – La Calabria perde uno dei suoi figli più coraggiosi. Giuseppe De Masi si è spento all’età di 92 anni, portando con sé il ricordo di una vita dedicata alla battaglia contro la criminalità organizzata. L’imprenditore di Cittanova ha rappresentato per decenni un esempio di resistenza civile, pagando sulla propria pelle il prezzo della coerenza e del rifiuto di sottostare alle logiche mafiose.
La sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile nella famiglia – la moglie Lina, i cinque figli tra cui Antonino che ha ereditato sia l’azienda che la lotta antimafia, e numerosi nipoti – ma anche in tutto il movimento di imprenditori che hanno scelto la legalità come strada maestra.
Una vita costruita dal nulla
La parabola di Peppe De Masi inizia dalle radici più umili della società calabrese. Nato in una famiglia di lavoratori, ha saputo trasformare il sudore e la determinazione in una storia imprenditoriale di successo. Dalla piccola officina meccanica degli anni Sessanta è riuscito a creare un impero industriale che ha rivoluzionato l’agricoltura del Sud Italia.
Le sue invenzioni nel campo delle macchine agricole hanno superato i confini nazionali, conquistando mercati internazionali dal Medio Oriente all’America. Brevetti innovativi per la raccolta della frutta che rispettavano l’ambiente e ottimizzavano la produzione: una visione imprenditoriale che coniugava profitto e sostenibilità decenni prima che questi temi diventassero centrali nel dibattito economico.
Il coraggio di dire no
Il 1990 segna la svolta più drammatica nella vita di De Masi. Dopo l’ennesimo attentato che devasta una delle sue proprietà, prende una decisione senza precedenti: annuncia pubblicamente, in diretta al Tg2, la chiusura della sua azienda per non piegarsi alle richieste estorsive della ‘ndrangheta. Un gesto che scuote l’opinione pubblica e rompe il muro di silenzio che proteggeva i clan.
Quella dichiarazione televisiva non è solo l’atto di un imprenditore esasperato ma diventa il manifesto di una nuova resistenza. Per la prima volta, un industriale calabrese si espone pubblicamente nella sua battaglia contro il racket, accettando di vivere sotto scorta pur di non cedere al ricatto.
La rinascita e l’esempio
La chiusura dura poco. Spinto dalla solidarietà dei dipendenti e dalla convinzione che arrendersi significherebbe consegnare il territorio alla criminalità, De Masi riapre i battenti. Ma stavolta lo fa con una consapevolezza diversa: la sua non è più solo un’azienda, è un simbolo di resistenza.
Gli anni successivi vedono l’imprenditore collaborare attivamente con le forze dell’ordine, rifiutare sistematicamente ogni forma di compromesso con i clan, trasformare la sua esperienza in una lezione per altri imprenditori tentati di cedere alle pressioni mafiose. Nel 2013, quando i kalashnikov tornano a sparare contro le sue proprietà, De Masi non arretra di un millimetro.
L’eredità di un giusto
Negli ultimi anni, pur provato dall’età e dalle battaglie sostenute, Giuseppe De Masi non ha mai abbandonato Rizziconi, il paese che ha scelto come sua casa. La sua storia è diventata materia di studio, oggetto di inchieste giornalistiche, fonte di ispirazione per documentari e libri.
L’autobiografia del figlio Antonino, “Inferi – La storia vera di un sopravvissuto alla ‘ndrangheta”, pubblicata pochi mesi fa, racconta non solo le vicende familiari ma rappresenta un documento storico sulla resistenza antimafia in Calabria.
Domani pomeriggio, alle 17, la Casa di Nazareth di Contrada Badia a Rizziconi accoglierà l’ultimo saluto a un uomo che ha dimostrato come il coraggio individuale possa diventare patrimonio collettivo.