È morto Emilio Fede, il “padre” del Tg 4 aveva 94 anni

Ricoverato da tempo nella Residenza San Felice di Segrate, alle porte di Milano. Dagli inizi in Rai al caso Ruby, luci e ombre di un protagonista del nostro giornalismo televisivo.

Milano – Si è spento oggi, martedì 2 settembre, all’età di 94 anni, Emilio Fede, uno dei personaggi più noti e controversi del giornalismo televisivo italiano. La notizia è stata confermata dalla figlia Sveva al Corriere della Sera.

Fede era ricoverato da tempo nella Residenza San Felice di Segrate, alle porte di Milano. Le sue condizioni di salute dell’ex direttore si erano aggravate negli ultimi giorni e precipitate nelle ultime ore, quindi si è spento.

Nato a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1931, Fede aveva iniziato la carriera in Rai negli anni Sessanta come inviato di guerra, seguendo da vicino i grandi scenari internazionali. Nel 1981 fu nominato direttore del Tg1, che già conduceva dal 1976: era lui al timone quando dal 10 al 13 giugno 1981 la Rai mandò in onda l’ormai celebre diretta dei drammatici e inutili tentativi di salvataggio di Alfredino Rampi, il bimbo di sei anni caduto in un pozzo a Vermicino. Ore che tennero in apprensione l’Italia intera, presidente Pertini in testa, e che si conclusero purtroppo in tragedia, una di quelle che hanno maggiormente colpito la coscienza collettiva del Paese.

Nel 1989 Fede iniziò a collaborare con la Fininvest, poi divenuta Mediaset. Un sodalizio, quello con la rete di Berlusconi, prima come direttore di Videonews e poi di Studio Aperto, al timone del quale il 16 gennaio del 1991 annunciò – primo in Italia – l’inizio dell’operazione “Desert Storm”, la campagna militare guidata dagli Stati Uniti contro l’Irak che aveva invaso e annesso il Kuwait durante la prima guerra del Golfo. Quindi, dal 1992, il passaggio al Tg4, la testata di Rete4, che diresse dal 1992 al 2012, fino a quando cioè dovette abbandonare Mediaset a seguito del caso Ruby, per il quale lui stesso finì coinvolto nell’inchiesta.

Per due decenni il suo telegiornale divenne la voce più apertamente filoberlusconiana della televisione italiana: amatissimo da una parte del pubblico, contestato e ironizzato da altri – nonché spesso “vittima” della satira: si pensi alle sue intemerate passate su “Blob” e “Striscia la Notizia” – , è stato comunque la si pensi un fenomeno di costume. E a suo modo, anche un campione e un simbolo di un certo modo di fare giornalismo come oggi non di fa più.

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