Dov’è Mara Favro? E’ sparita da marzo, ma nessuno crede alla fuga volontaria

La cameriera dell’Alta Val di Susa non avrebbe mai abbandonato la figlia di 9 anni. Restano indagati il titolare e il pizzaiolo del locale dove la donna lavorava. Ma i due respingono le accuse.

SUSA (Torino) – Di Mara Favro, 51 anni, una figlia di 9, cameriera, si sono perse le tracce nella notte fra il 7 e l’8 marzo scorsi. Da appena otto giorni la donna lavorava nel ristorante-pizzeria “Don Ciccio” di Chiomonte, in alta Val di Susa. Al momento della sparizione, la donna aveva con sé i documenti e il cellulare che, dopo un paio di messaggi dubbi ed una foto, si sarebbe spento definitivamente. I farmaci che le servivano per seguire la sua terapia quotidiana sarebbero rimasti in casa, come le chiavi della sua auto. Dunque, se Mara si fosse allontanata dalla sua casa di Susa, lo avrebbe fatto a piedi, con mezzi pubblici o tramite qualcuno che conosceva.

La donna sparita nel nulla

Le uniche cose certe sono poche: Mara, una volta finito il turno in pizzeria, il 7 marzo in tarda serata, in un modo o nell’altro, sarebbe giunta nella sua abitazione di corso Inghilterra a Susa e avrebbe telefonato al fratello Fabrizio, il quale, non avendo trovato la sorella in casa la mattina del giorno dopo, decideva di denunciarne la scomparsa. Fabrizio poi chiese alla Procura di Torino di indagare per omicidio e occultamento di cadavere. L’uomo scoprì nella cantina una cartella con alcuni fogli di carta su cui era scritto, con una grafia che sembrava quella di Mara, alcune parole inquietanti: camera mortuaria, autopsia, medico legale. C’erano anche un luogo e una data: Chiomonte, 8 marzo.

Nel pomeriggio di quel giorno dedicato alla Festa della Donna, Mara Favro spariva come un fantasma e di lei, ad oggi, non si hanno più notizie. La cameriera non si sarebbe mai dileguata volontariamente, lasciando la propria figlia senza madre. Anzi, Mara era contenta perché, dopo un periodo di disoccupazione, aveva trovato un posto di cameriera ai tavoli nel ristorante di Chiomonte e non aveva motivi particolari, almeno in apparenza, per scomparire in modo così repentino e misterioso.

Il ristorante-pizzeria dove lavorava la donna scomparsa. Foto torinocronaca.it

I carabinieri hanno indagato a tutto tondo, soprattutto dopo l’iscrizione sul registro degli indagati di Vincenzo Milione detto Luca, 47 anni, gestore della pizzeria di Chiomonte, e del pizzaiolo Cosimo Esposito, 37 anni. I due devono rispondere di omicidio e occultamento di cadavere, accuse che hanno sempre respinto, nonostante le loro dichiarazioni spesso contraddittorie e incoerenti. Secondo loro, Mara Favro sarebbe sparita dopo essersene andata via dal locale a notte fonda e, successivamente, sarebbe tornata in pizzeria a fare autostop per prendere le chiavi di casa che pare avesse dimenticato sul bancone.

Questa versione dei fatti, assieme a quella riferita da Esposito sul passaggio a bordo della famosa Fiat Punto rossa, di proprietà di terzi, che avrebbe dato alla Favro pur non avendo la patente, non ha mai convinto gli inquirenti. Essi hanno continuato a perquisire il locale di Chiomonte, tenendo sotto pressione entrambi gli indagati. Il ritrovamento di tracce ematiche nella cucina del locale aveva convinto tutti di una probabile svolta:

Vincenzo Milione detto Luca

“Alla vista del sangue,” racconta Milione ai cronisti, “ho sentito i carabinieri dire ‘Ci siamo’. Ma quello era il sangue dell’ossobuco. Forse il cuoco, aprendo una confezione, aveva fatto uscire un po’ di sangue… Durante la perquisizione mi è stato anche detto: dicci dove hai messo il corpo di Mara! Ci sono rimasto male…”

Milione, con pesanti precedenti sul groppone, difeso dall’avvocato Luca Tommaso Calabrò, era stato arrestato il 20 agosto scorso. I carabinieri gli avevano trovato quattro grammi di cocaina sparsi fra l’auto, la tasca della giacca e il ristorante. Milione dichiarava che fosse droga per uso personale e non per spaccio, e il giudice gli ha creduto, assolvendo Milione ma condannandolo a 6 mesi di carcere per inosservanza del provvedimento della sorveglianza speciale, che lo obbliga a rimanere fuori di casa il minor tempo possibile a causa dei suoi trascorsi penali.

Cosimo Esposito

“Non ce la faccio più, ora credo anche di essere pedinato,” ha aggiunto Milione. “Quella sera Mara è tornata a prendere le chiavi, poi non l’ho più vista. Mi accusano di omicidio, ma io non c’entro niente. Questa storia mi ha rovinato la vita, mi ritrovo senza moglie, senza bambini, senza lavoro. Non è giusto che debba perdere la famiglia. Non ne posso più.”

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa