Il tenente colonnello argentino è imputato per omicidio nel processo a Roma per la morte di 8 persone nell’ambito del Piano Condor.
Roma – Chiede di essere giudicato dalla giustizia militare italiana Carlos Malatto, cittadino italiano e tenente colonnello dell’esercito di Buenos Aires, imputato per omicidio nel procedimento in corso nella Capitale per la morte di otto persone nell’ambito del Piano Condor, la repressione delle giunte militari del Sudamerica contro gli oppositori politici attuata alla fine degli anni ’70.
All’udienza preliminare a piazzale Clodio, la difesa di Malatto, con un’eccezione preliminare, ha chiesto che a giudicare i fatti non sia quindi la giustizia ordinaria ma il tribunale militare, sostenendo che all’epoca dei fatti l’allora tenente colonnello abbia agito nello svolgimento delle proprie funzioni contro organizzazioni terroristiche. Tesi non condivisa dal pm il quale in aula ha invece spiegato che quelli commessi da Malatto sono stati reati politici e non militari. Su questo punto, fondamentale per il prosieguo del procedimento, il giudice si è riservato di decidere alla prossima udienza fissata per il 4 novembre.
In aula è stata ribadita la volontà di costituirsi parte civile da parte dell’avvocatura dello Stato per la presidenza del Consiglio dei ministri italiano, così come il Pd, Cgil Cisl e Uil, l’associazione ’24 marzo onlus’, la Rete federale per i diritti umani, l’Assemblea permanente per i diritti umani e il partito comunista argentino. La procura di Roma, dopo una denuncia presentata nel 2015, lo scorso anno ha chiuso le indagini su Malatto, ora 75enne, che dal 2011 vive in Italia, in provincia di Messina. La decisione sulla costituzione delle parti civili è prevista per l’udienza successiva, il 2 dicembre, quando il giudice potrebbe decidere sul rinvio a giudizio.
“I crimini contro l’umanità sono certificati, sono già stati appurati, ma i cavilli consentono al processo un rinvio dopo l’altro”. Così parla all’Adnkronos Emiliano Rostagno, nipote di due desaparecidos. Rostagno, che in Argentina ha perso i nonni materni Armando Alfredo Lerouc e Marta Elida De Lourdes Saroff, si sente a dir poco amareggiato: “Non siamo di fronte a un crimine da accertare, ma già accertato. Ogni volta però un cavillo costringe a un ennesimo rinvio”. Oggi – prosegue Rostagno – Malatto ha 75 anni”. “Capisco che la giustizia ha i suoi tempi, però ogni volta venire a Roma per leggere due ore di documenti e disporre il rinvio dell’udienza mi sembra una presa in giro. Vorrei chiedere all’Italia e alla giustizia – conclude – una spinta affinché il processo si concluda il prima possibile con la condanna di Malatto”.
A fine marzo del 2023 un uomo e una donna si sono presentati sotto al balcone di un’elegante villetta rosa a Furnari, una località turistica sul mare in provincia di Messina. Fra le mani i due stringevano un cartello con una scritta in spagnolo: Juicio y castigo a los genocidas escondidos (processo e condanna per i responsabili di genocidio ancora nascosti). Le due persone erano Sonia Bongiovanni e Matias Guffanti, direttrice e vice direttore di Our Voice, una associazione italiana che fra le altre cose si occupa dei familiari delle persone scomparse in Sud America durante le dittature alla fine del Novecento, i cosiddetti desaparecidos.
Dentro quella villetta rosa abita Carlos Luis Malatto, ex militare argentino che ai tempi della dittatura di Videla, quindi fra gli anni Settanta e Ottanta, era fra i capi di una divisione dell’esercito nota per la sua brutalità contro gli oppositori politici. Il periodo della protesta non è stato casuale: in Argentina il 24 marzo di ogni anno si celebra il Giorno della memoria per la verità e la giustizia, per ricordare le vittime della violenza politica del regime di Videla, che prese il potere proprio il 24 marzo del ’76.
Malatto era fuggito dall’Argentina nel 2011 per scappare da un processo contro la sua divisione. Si era rifugiato in Italia per via della sua doppia nazionalità, italiana e argentina. Per anni le autorità italiane avevano rifiutato le richieste di estradizione da parte dell’Argentina. Nell’estate del 2022 però la procura di Roma ha aperto un‘inchiesta nei suoi confronti.