Dal carcere alla presidenza del Senegal: l’ascesa di Faye, il candidato anti-sistema

Il 44enne, dopo il caos vince a sorpresa e promette nel Paese un ritorno definitivo alla serenità gravemente turbata negli ultimi anni.

Dakar – In Senegal tutto può succedere. Dopo il caos la sorpresa. L’oppositore per eccellenza che conquista la presidenza. Una storia incredibile quella di Bassirou Diomaye Faye, passato dal carcere di Dakar alla poltrona presidenziale: è la parabola ascendente del candidato anti-sistema che ce la fa, il più giovane capo di Stato del Senegal che festeggia il suo 44esimo compleanno tra le congratulazioni del suo principale avversario, Amadou Ba, e del presidente uscente Macky Sall, che basandosi sui risultati provvisori hanno riconosciuto la sua vittoria.

Fino a dieci giorni fa il nuovo leader era in carcere con il suo mentore politico, Ousmane Sonko, che dopo essere stato dichiarato incandidabile ha sostenuto la corsa di Faye. Il carisma di Sonko, che ha presa specie sull’elettorato più giovane ed è arrivato terzo alle elezioni presidenziali del 2019, ha avuto dunque una forte ricaduta sulla candidatura del suo sodale politico. Faye è stato accusato e detenuto per oltraggio alla corte, diffamazione e atti suscettibili di compromettere la pace pubblica ad aprile 2023, con Sonko che lo ha raggiunto in carcere a luglio per “incitamento all’insurrezione”. Entrambi sono stati rilasciati per un’amnistia decisa da Sall.

Faye ha votato nel suo villaggio di Ndiaganiao, nell’ovest del Paese. Promette già una “rottura” e un panafricanismo di sinistra. Centinaia di suoi sostenitori hanno festeggiato al suono del tam-tam nella sede elettorale a Dakar, mentre per le vie della capitale sfilavano i cortei di giovani in moto a suon di clacson.
Va ricordato che il Senegal mantiene forti relazioni con l’Occidente, in un momento in cui la Russia rafforza le sue posizioni nei Paesi confinanti. Nel giugno del 2023, e prima ancora nel marzo 2021, si era temuto per la stabilità del Senegal quando ci furono disordini che causarono decine di morti e centinaia di arresti.

L’avvento di Faye, nato da una modesta famiglia di agricoltori, capo del sindacato che Sonko dirigeva e con cui ha fondato il partito politico Pastef nel 2014, preannuncia una trasformazione potenzialmente significativa in Senegal. Ex ispettore fiscale, il nuovo capo di Stato non ha mai ricoperto alcuna carica elettiva ed è apparso sul palco dell’ultimo comizio elettorale in compagnia delle sue due mogli, una novità assoluta per un presidente senegalese. Musulmano praticante e portatore di valori panafricani, Faye si presenta come l’incarnazione di una nuova generazione di politici con il desiderio di preservare la sovranità del Paese,
di distribuire la ricchezza in modo più equo e di riformare un sistema giudiziario reputato corrotto.

Il nuovo presidente promette inoltre di rinegoziare i contratti petroliferi e della pesca e afferma di non temere di staccarsi dal franco Cfa annunciando addirittura la creazione di una nuova moneta nazionale, una misura che il suo avversario Amadou Ba ha denunciato come “assurdità” economica. I suoi rivali lo accusano di essere a capo di un gruppo di “avventurieri” pronti a perseguire una politica pericolosa in una nazione rinomata per la sua stabilità in Africa occidentale, ma Faye si è descritto come “particolarmente ragionevole”, e dopo il voto di ieri ha auspicato un “ritorno definitivo alla serenità” in Senegal “gravemente turbata” negli ultimi anni.

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