Da Tribunale di Roma altro stop sui migranti: il caso Albania alla Corte di giustizia Ue 

I 7 immigrati, egiziani e bengalesi, dal centro di Gjader rientrati a Brindisi nella notte. Scaduti i termini del trattenimento di 48 ore.

Roma – La sezione immigrazione del tribunale della Capitale ha rimesso il caso dei migranti trattenuti nel centro in Albania alla Corte di giustizia europea sospendendo il provvedimento di convalida del trattenimento. La decisione riguarda sette migranti, egiziani e bengalesi, che ora si trovano all’interno del centro italiano di permanenza per il rimpatrio di Gjader in Albania. Allo scadere dei termini di convalida, ossia 48 ore, i sette migranti hanno lasciato il centro di Gjader e nella notte sono sbarcati a Brindisi. Una volta arrivati in Puglia sono stati accompagnati a bordo in un pulmino in una struttura per richiedenti asilo. Qui saranno sottoposti all’iter ordinario di esame della domanda. La logistica del trasferimento era stata organizzata in adeguato anticipo; segno che da parte delle autorità italiane era attesa la notizia. 

Il Viminale, a quanto si apprende, si costituirà di fronte alla Corte di giustizia europea per sostenere le proprie ragioni. Il testo del provvedimento della XVIII sezione immigrazione del Tribunale di Roma, si legge, “rimette alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ai sensi del art. 267 TFUE” e “sospende il presente giudizio di convalida del fermo restando gli effetti del trattenimento provvisorio disposto dall’amministrazione per legge (art.6 dlgs 142/2015 e 14 TU immigrazione e art.4 del protocollo Albania)”.  Alla luce del nuovo decreto ‘Paesi sicuri’ varato dal governo i giudici chiedono un parere alla Corte di giustizia europea. Con la sospensione della decisione dei giudici, i migranti sono stati riportati in Italia. Per un ottavo migrante, anche lui richiedente asilo e risultato vulnerabile, era già stato disposto il rientro in Italia.

Il centro di prima accoglienza allestito a Shengyin in Albania

I giudici capitolini sottolineano che “deve evidenziarsi che i criteri per la designazione di uno Stato come Paese di origine sicuro sono stabiliti dal diritto dell’Unione europea. Pertanto, ferme le prerogative del legislatore nazionale, il giudice ha il dovere di verificare sempre e in concreto – come in qualunque altro settore dell’ordinamento – la corretta applicazione del diritto dell’Unione, che, notoriamente, prevale sulla legge nazionale ove con esso incompatibile, come previsto anche dalla Costituzione italiana”.

Lo scorso 18 ottobre i giudici del sezione specializzata in materia di immigrazione del tribunale di Roma non avevano convalidato i trattenimenti, emessi dalla questura di Roma, per i primi migranti che erano stati portati all’interno del centro di permanenza per il rimpatrio di Gjader. Ordinanza che è stata poi impugnata dal Viminale in Cassazione. Per il ministero dell’Interno l’ordinanza in questione travisava la sentenza del 4 ottobre della Corte di giustizia europea. Tutto è iniziato dopo che il 17 ottobre la sezione immigrazione del tribunale di Roma non ha convalidato il trattenimento di dodici dei sedici stranieri trasportati al Cpr di Gjader, in Albania, dalla nave Libra della Marina militare italiana. 

La nave Libra

L’accordo tra Roma e Tirana prevedeva infatti l’invio di migranti considerati non vulnerabili (senza evidenti condizioni di fragilità) esclusivamente dai “Paesi sicuri”, quelli in cui secondo l’esecutivo vengono rispettati diritti e democrazia. Il tribunale di Roma ha quindi espresso “il diniego” della convalida dei trattenimenti e menzionato come base giuridica la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea – richiesta da un tribunale della Repubblica Ceca – del 4 ottobre.

“In ragione del rinvio pregiudiziale i giudici non si sono pronunciati sulle richieste di convalida – si legge in una nota del Tribunale – ma hanno dovuto necessariamente sospendere i relativi giudizi in attesa della decisione della Corte di giustizia. La sospensione dei giudizi non arresta il decorso del termine di legge di quarantotto ore di efficacia dei trattenimenti disposti dalla Questura”. Non è finita: i giudici hanno ritenuto necessario disporre rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, formulando quattro quesiti, analogamente a quanto già disposto nei giorni scorsi da due collegi della stessa sezione in sede di sospensiva dei provvedimenti di rigetto di domande di asilo proposte da migranti precedentemente trattenute in Albania”. Lo si legge nella nota diffusa dalla presidente della Sezione immigrazione del Tribunale civile di Roma, Luciana Sangiovanni, in merito alla posizione dei sette migranti per i quali era stata chiesta la convalida del trattenimento.

“Il rinvio pregiudiziale è stato scelto come strumento più idoneo per chiarire vari profili di dubbia compatibilità con la disciplina sovranazionale emersi a seguito delle norme introdotte” dall’ultimo decreto sui Paesi sicuri “che ha adottato una interpretazione del diritto dell’Unione europea e della sentenza della Cgue del 4 ottobre 2024 divergente da quella seguita da questo Tribunale – nel quadro della previgente diversa normativa nazionale – nei precedenti procedimenti di convalida delle persone condotte in Albania e ivi trattenute. Tale scelta è stata preferita ad una decisione di autonoma conferma da parte del Tribunale della propria interpretazione, per le ragioni diffusamente evidenziate nelle ordinanze di rinvio pregiudiziale”.

Sulla questione, prima della decisione dei giudici capitolini, si era espresso anche il giudice emerito della Corte costituzionale e a lungo docente di diritto amministrativo alla Scuola normale di Pisa, Sabino Cassese: “Secondo me è stato giusto rivolgersi alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, e non c’è dubbio che la
Corte debba dire che prevale il diritto europeo. C’è una direttiva comunitaria, che prevale su quella nazionale. Se i giudici italiani estendono la portata della decisione delle Corte di giustizia europea certamente vanno fuori dal seminato”.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa