Silenzio e gelo della Presidenza della Repubblica sulla vittoria del presidente russo, mentre i due vicepremier si dividono sui giudizi.
Roma – Dopo le elezioni in Russia con la scontata vittoria di Vladimir Putin dal Quirinale non è partita alcuna lettera di congratulazioni indirizzata al presidente, giunto ormai al suo quinto mandato. Una notizia che sembra voler controbilanciare le dichiarazioni del vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, che nelle scorse ore aveva dichiarato: “Quando un popolo vota ha sempre sempre ragione, le elezioni fanno sempre bene sia quando uno le vince sia quando uno le perde”. Parole rimbalzate da Milano, andate a cozzare con quelle dell’altro vicepremier, Antonio Tajani.
Il ministro degli Esteri, ribadisce che il plebiscito per Vladimir Putin è stato caratterizzato “da pressioni forti e anche violente”. Silenzio dalle massime istituzioni. Gelido quello del Quirinale: dopo la scontata vittoria non è partita alcuna lettera da presidente al presidente della Federazione russa. La posizione di Palazzo Chigi è più vicina a quella della Farnesina. Anche se Giorgia Meloni sottolinea come “quello che noi abbiamo fatto in questo anno e mezzo con la velocità con cui lo abbiamo fatto, e la chiarezza che abbiamo dimostrato in politica estera, racconta di una maggioranza coesa”.
Non è detto che il tema delle presidenziali russe sarà toccato in modo diretto dalla premier Meloni nelle sue comunicazioni in vista del Consiglio europeo in Senato e alla Camera. Di certo, si ragiona in ambienti a lei vicini, sono “una farsa” le elezioni andate in scena nei territori ucraini occupati dai russi. Dal Pd a Iv, passando per Si e +Europa (nessun commento dal M5s), le opposizioni criticano duramente le parole di Salvini, a cui è seguita una nota della Lega, che parzialmente corregge il tiro: “In Russia hanno votato, non diamo un giudizio positivo o negativo del risultato, ne prendiamo atto e lavoriamo (spero tutti insieme) per la fine della guerra ed il ritorno alla pace”.
“Con queste posizioni il Governo può mai essere credibile? E Meloni tace…”, attacca il dem Giuseppe Provenzano. Anche all’estero fanno rumore le considerazioni del vicepremier. “Dimostrano che l’estrema destra in Europa è amica di Putin”, nota Nicolas Schmit, candidato di punta dei Socialisti Ue alle Europee. Salvini “se ne vergognerà”, l’affondo del Ppe con la lituana Rasa Juknevičienė, vicepresidente del gruppo e responsabile per gli affari esteri.
Fra i meloniani si tende a liquidare l’uscita di Salvini come dinamica da campagna elettorale, un messaggio al proprio elettorato. Pur ammettendo che “ne va della credibilità dell’Italia”, un esponente di peso di FdI nota che è determinante però l’allineamento della coalizione sui voti in Parlamento, mai mancato su questi temi. La maggioranza lavora a una mozione unitaria che ricalchi i punti cruciali delle comunicazioni della premier. Se a Palazzo Chigi c’è imbarazzo per le parole di Salvini, viene celato.
I fedelissimi di Meloni rimarcano che differenze più evidenti agitano il centrosinistra, e osservano che, a volte, “dietro dichiarazioni inopportune ci sono affermazioni purtroppo vere”. Nella maggioranza c’è pure chi come l’azzurro Maurizio Gasparri esorta a “cercare di instaurare un dialogo con la Russia, o si rischia lo scoppio di una terza guerra mondiale”.