Il barman aveva preparato nei minimi particolari la sua strategia assassina. Cosi come i sopralluoghi preliminari e i depistaggi che si sono rivelati però un fallimento. Poi la confessione: non voleva un altro figlio tra i piedi e intendeva rimanere libero.
SENAGO (Milano) – Il presunto assassino aveva premeditato l’omicidio della donna in gravidanza con tanto di piano criminale e forse con l’aiuto di un complice. Il femminicidio di Giulia Tramontano, la futura mamma di 29 anni, uccisa a coltellate il 27 maggio scorso dal fidanzato Alessandro Impagnatiello, 30 anni, barista e padre del bimbo che la donna portava in grembo da sette mesi, ha scosso l’Italia intera. Prevaricazioni, menzogne, violenza inaudita, possesso assoluto del partner e sprezzo per la vita umana rappresentano un mix micidiale che fanno del reo confesso una sorta di creatura malvagia che passerà agli annali delle criminologia moderna.
Dell’omicidio della povera Giulia, della doppia vita del barman di Armani Bamboo Bar di Milano, della sua amante e della sua vita di relazione si sa quasi tutto. Poco invece trapela per quanto riguarda la premeditazione dell’omicidio e la preparazione, come sembra meticolosa, dell’eliminazione fisica della donna su cui gli inquirenti stanno indagando a fondo.
La tragica vicenda ha inizio mesi addietro quando Giulia, scoperto il tradimento dell’uomo con un’altra donna, anche questa incinta del barman, decideva di chiudere la relazione sentimentale. I due avevano litigato a lungo e Giulia si sentiva turbata da quella situazione anche perché Impagnatiello avrebbe screditato la fidanzata durante gli incontri con l’amante A., di 23 anni, italo-inglese e anche questa barista. Sarebbe stata proprio questa donna, che poi ha optato per l’aborto, a chiedere al presunto assassino, che sull’ambiente di lavoro chiamavano “Il lurido” per via di presunti ammanchi di cassa, di incontrare Giulia, descritta dall’uomo come pazza e isterica, per spiegare le rispettive posizioni.
Oltre al bambino che aspettava da Giulia, l’uomo ha un figlio di 6 anni nato da una precedente relazione con una donna con la quale Impagnatiello sarebbe rimasto in buoni rapporti. Poi l’ennesimo litigio e l’attesa di Giulia Tramontano che rientra nella sua casa di Senago, in via Novella 14/A, a nord di Milano, il 27 maggio scorso dunque il terribile accoltellamento della giovane mamma, il tentativo dell’uomo di bruciarla nella vasca da bagno, il trasporto del cadavere sfigurato prima in cantina e poi, a bordo del suo T-Roc Wolkswagen, in una intercapedine di un locale garage di via Monte Rosa, a poche centinaia di metri dal luogo del delitto.
Ma Impagnatiello ha in mente altro e prima di confessare simula la scomparsa della donna e il suo suicidio. Il giorno dopo infatti l’uomo denuncia la sparizione di Giulia ma gli elementi contro di lui, il sangue rilevato dal Luminol fra casa, garage e auto, i messaggi trasmessi dal telefonino della vittima dopo la sua morte ed altre decine di errori commessi da “Il Lurido” portano i carabinieri, coordinati dal procuratore aggiunto Letizia Mannella e dal Pm Alessia Menegazzo, a sospettare da subito del barista a cui non riuscirà nemmeno uno dei suoi espedienti per tirarsi fuori dall’atroce delitto.
L’uomo infatti ammetterà il suo crimine sotto la pressione degli inquirenti ai quali riferirà di avere agito perché “non avevo un reale motivo…ero stremato dalla situazione”. Il killer, considerato dagli inquirenti “inaffidabile anche nella ricostruzione dell’evento omicidiario”, voleva rimanere libero e aveva scelto di rimanere con l’amante perché aveva abortito. Insomma l’assassino non voleva altri figli fra i piedi e tutto poteva essere tranne che un buon padre.
Dopo la confessione gli inquirenti proseguono la strada della premeditazione e gli indizi ci sarebbero tutti: il contenitore con la benzina per bruciare il cadavere, le ricerche sul web alla ricerca degli effetti sull’uomo dei topicidi, il sopralluogo assieme alla madre Sabrina Paulis in alcuni bar del quartiere per chiedere informazioni sulle telecamere installate in zona e cosi via. In casa sono saltati fuori il coltello utilizzato per uccidere la donna, una confezione di veleno per topi, i tentativi di ripulire per bene la scena del crimine, la vasca e la stessa automobile del presunto assassino. Gli effetti personali della vittima ritrovati nei tombini e gli altri tentativi, maldestri, di depistare le indagini. In meno di 48 ore il caso è chiuso.