Benita non si è data per vinta ed ha continuato a chiedere notizie del padre ammazzato dai franchisti. Da un anno aspetta che la salma, prima o poi, venga fuori dalla seconda fossa scoperta dai tecnici nel cimitero di Colmenar Viejo.
SAN SEBASTIAN DE LOS REYES (Madrid) – Da quando aveva 7 anni attende con pazienza di ritrovare le spoglie mortali del padre ucciso dai miliziani di Francisco Franco. E adesso che di anni ne ha 91 Benita Navacerrada López ritiene di averlo trovato e attende speranzosa gli esiti degli scavi di una seconda fossa.
Dopo oltre tre quarti di secolo di ricerche l’arzilla vecchietta spagnola, mai datasi per vinta, ritiene che il padre sia stato sepolto nel cimitero di Colmenar Viejo, comune ricadente nel territorio della capitale Madrid a poca distanza dal suo paese d’origine, San Sebastian De Los Reyes. Su una lapide del camposanto l’anziana donna ha ritrovato gli estremi anagrafici del genitore: Facundo Navacerrada Perdiguero, 36 anni, fucilato il 24 maggio 1939.
In effetti i soldati del dittatore Franco lo avevano assassinato, e non fucilato, perché era un militante di estrema sinistra e fondatore dell’Unione generale dei lavoratori, uno dei sindacati più importanti della penisola iberica. E la morte di Facundo è stata orribile:
”Dicono che lo hanno fucilato come gli altri, ma mio padre non è stato ucciso da una pallottola – racconta Benita – lo hanno legato vivo a un camion, ricoperto di benzina e gli hanno dato fuoco. Penso sia rimasto molto poco di lui. Magari le ossa, ma saranno ormai frantumate…Nella prima fossa, l’anno scorso, non hanno trovato nulla ma in questa seconda il 24 luglio scorso hanno iniziato i lavori di scavo e sono convinta di trovare i suoi poveri resti…”.
Dopo i tre anni di guerra civile spagnola, dal 1936 al 1939, e con l’ascesa al potere di Franco, alleato di Hitler e Mussolini, il comune di Colmenar Viejo, 40 chilometri da Madrid, diventerà la base logistica di uno dei sette tribunali militari costituiti nella provincia durante la dittatura del Caudillo Francisco che si vendicherà dei suoi oppositori. In questo tribunale vennero emesse 108 condanne, 107 uomini e 1 donna:
”Tutti fucilati davanti a questo muro dove ci sono i buchi di innumerevoli proiettili – Carmen Carreras, segretaria dell’Associazione Commissione della Verità di San Sebastián de los Reyes – Condannati a morte per aver difeso la legalità repubblicana, tra il 1939 e il 1945 in Spagna si contano almeno 160 mila vittime, oltre 2 mila fosse comuni e più di 100 mila desaparecidos, uomini e donne fatti sparire dal regime. Ma il numero esatto di morti in realtà non lo sappiamo. Solo a Colmenar i franchisti hanno aperto quattro carceri per rinchiudere chi era in attesa di giudizio…”.
In effetti Benita non è la sola che cerca un congiunto, anche decine di altre persone, provenienti da altre zone della Spagna ma anche da altre nazioni, cercano un loro congiunto e quando credono di averne individuato la fossa in base al nome e cognome aspettano la comparazione del Dna per recuperare le spoglie mortali del loro caro:
”Nella prima fossa mio padre non c’era – continua Benita – adesso vediamo nella seconda ma sono certa che fra una cinquantina di scheletri che dovrebbe contenere ci saranno anche i resti di papà… Erano anni cupi. Eravamo rimasti in cinque fratelli e sorelle da soli, mamma l’avevano catturata. Insieme abbiamo passato molte calamità e sofferto la fame…Le bambine mi evitavano, una diceva: “Con lei non giocate perché è rossa”. E io pensavo: e questo rosso che cosa sarà? Che ne sapevo del rosso. Ci disprezzavano anche i parenti. Mio zio paterno non ci riconosceva come nipoti, lui era fascista, noi comunisti”.
Insomma una famiglia distrutta dalla barbarie di un regime destinato a sgretolarsi ma che aveva provocato migliaia di vittime innocenti:
”Mamma è rimasta in carcere per tre anni – conclude Benita – poi l’hanno esiliata per sei mesi nei Paesi Baschi. A 10 anni ho dovuto fare la babysitter, poi ho fatto la serva in casa di fascisti, le stesse persone che avevano ucciso mio padre. Ma dovevo mangiare per vivere. Conservo una lettera di papà in cui dice addio a tutti noi. A me dice Benita, così piccolina e già senza un padre, non mi dimenticare mai”.