Commerciante d’auto ucciso in un’esecuzione di stampo mafioso

Francesco Simone attirato in un agguato e crivellato con 11 colpi. L’imprenditore aveva precedenti per reati contro il patrimonio e droga.

FAVARA (Agrigento) – Sarebbe stata una vera e propria esecuzione la sparatoria in cui ha trovato la morte lo scorso 7 dicembre Francesco Simone, 69 anni, commerciante d’auto. L’uomo sarebbe stato attirato in un agguato a pochi passi dalla sua abitazione di campagna in contrada Poggio Muto, zona “Crocca”, alla periferia di Favara, grosso Comune dell’Agrigentino. L’imprenditore, con precedenti per reati contro il patrimonio e droga, sarebbe stato crivellato da 11 colpi di pistola, presumibilmente sparati da revolver, perché sul posto non sono stati trovati bossoli. I colpi sono stati esplosi da distanza ravvicinata, probabilmente da due killer con due armi diverse, che lo aspettavano nelle vicinanze dell’abitazione lo scorso 7 dicembre.

A ritrovare il cadavere di Simone sarebbero stati alcuni familiari che non vedendolo tornare a casa lo avrebbero cercato nei paraggi del loro podere per poi trovare il corpo senza vita in un terreno adiacente che non dista molto dalla concessionaria auto. L’uomo era già morto da alcune ore dunque ai soccorritori non è rimasto altro che constatarne il decesso. Sul luogo si portavano i carabinieri della locale Tenenza e i militari del nucleo operativo radiomobile di Agrigento oltre al Ris, al comandante provinciale dell’Arma, colonnello Nicola De Tullio, al procuratore capo Giovanni Di Leo e al sostituto Maria Barbara Grazia Cifalinò.

La vittima, Francesco Simone, 69 anni

Sul luogo del delitto giungeva anche il medico legale Alberto Alongi che un paio di giorni dopo ha eseguito l’autopsia. L’esame autoptico, oltre ad una Tac preventiva che ha stabilito la traiettoria dei colpi, ha confermato che la vittima, che soffriva di Alzheimer, sarebbe stata raggiunta da 11 proiettili, sparati dall’alto verso il basso, in diverse parti del corpo come volto, cranio, collo, addome e inguine che ne avrebbero provocato il decesso istantaneo. Dunque l’ipotesi dell’esecuzione in stile mafioso prenderebbe sempre più corpo tanto che la vittima, una volta intuite le cattive intenzione del suo aguzzino, forse al culmine di una breve discussione, avrebbe tentato di fuggire per sottrarsi alla morte.

I carabinieri stanno ricostruendo l’evento omicidiario anche per stabilire se Simone avesse avuto o meno un appuntamento in zona con il suo carnefice e se quest’ultimo fosse da solo o con altri complici. La vittima era piuttosto nota in paese proprio per il suo lavoro di venditore di automobili presso la Sido Car, azienda intestata al figlio. E in questa direzione gli investigatori stanno scavando senza tralasciare alcun particolare per chiarire se l’omicidio possa essere collegato all’attività economica di Simone o ad altri fatti della sfera privata. In passato, infatti, sembra che la vittima fosse entrata in contrasto con alcuni clienti che lo avrebbero accusato di truffa e usura.

Ma al momento non sembra che siano venuti fuori particolari di rilievo. Gli investigatori stanno procedendo anche con le verifiche del cellulare della vittima e con l’analisi dei tabulati e di eventuali messaggi trasmessi o ricevuti nei giorni e nelle ore antecedenti al delitto. Diversi i video acquisiti da alcune telecamere di sorveglianza installate nei pressi villette private abitate tutto l’anno. Il controllo dei filmati permetterà agli inquirenti di identificare auto e persone sospette che potrebbero essere state inquadrate prima del delitto oppure subito dopo. In paese nessuno ha voglia di parlare anche perché ogni fatto di sangue che coinvolge persone più o meno conosciute suscita ancora oggi timori e induce all’omertà.

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