I cittadini italiani si ritrovano alle prese col caro vita ed i proventi derivanti dal proprio lavoro che sono, spesso, insufficienti a far quadrare un bilancio familiare già magro e che potrebbe diventare ancora più esiguo.
Roma – Nell’ultimo triennio gli stipendi sono fortemente diminuiti in ben 22 province, dove tra il 2019 e il 2022 la busta paga si è alleggerita di ben 312 euro. La ricerca, condotta dal Centro Sudi delle Camere di Commercio “Guglielmo Tagliacarne”, è stata incentrata sulle voci del reddito disponibile a prezzi correnti. Ne è venuto fuori una certa incongruenza sull’ammontare degli stipendi su tutto il territorio nazionale. In alcune città risultano più alti rispetto ad altre, mentre in altre più bassi.
È difficile capire il perché di quest’andazzo. Le cause sono varie e molteplici. Tra i fattori che hanno scatenato queste forti differenziazioni, viene spesso ricordata la pandemia. Non poteva essere altrimenti: sembra diventata la causa per giustificare ogni malessere sociale, anche quello che con la pandemia non ha alcun nesso. A essa vengono associate, come motivi che hanno prodotto questa disparità di redditi, le restrizioni, il blocco del turismo e la sospensione della produzione come conseguenza del Covid-19. Un altro aspetto che lascia basiti è dovuto al fatto che molti stipendi scaturiscano da contratti collettivi nazionali. Quindi, anche se esiste la contrattazione aziendale, non si riesce a comprendere la disparità tra uno stipendio e un altro. Ad esempio a Milano un dipendente percepisce uno stipendio due volte e mezzo più alto rispetto alla media degli stipendi delle altre città.
È stata redatta una classifica delle province, valutando le retribuzioni medie. Sono emerse differenze molto forti sul piano geografico, al di là del tipico esempio del divario Nord-Sud. Ad esempio, nella città di Milano, in media, gli stipendi risultano essere 9 volte più alti rispetto alla provincia di Rieti, che è fanalino di coda in questa particolare classifica. Nonostante gli stipendi siano aumentati, mediamente, in 3 anni di 301 euro, in ben 22 province, invece si è verificato un decremento di 312 euro. Dopo Milano, l’elenco delle città dove si guadagna di più comprende le province di Bolzano, Bologna, Parma, Roma e via via tutte le altre. Secondo il Centro Studi è la testimonianza che la geografia delle retribuzioni varia dal punto di vista territoriale ed è poco conforme al tradizionale dualismo Nord-Sud.
Infatti, come ha affermato il direttore generale Gaetano Fausto Esposito:
“Se confrontiamo la graduatoria del Pil pro capite (che misura la produzione della ricchezza) con quella delle retribuzioni, vediamo che nel primo caso praticamente tutte le ultime 30 posizioni sono appannaggio di province meridionali (con la sola eccezione di Rieti), mentre in quella delle retribuzioni pro-capite troviamo ben 10 province del Centro-Nord, il che induce a riflettere sulle politiche dei redditi a livello locale”.
C’è da precisare che il totale del reddito disponibile è il frutto anche di altre entrate, come l’incasso di affitti e rendite finanziarie. Infine, l’importanza della retribuzione è più netta nelle grandi città rispetto alle province. A Milano, ad esempio, lo stipendio influisce sul reddito per il 90,7%. Ora, al di là delle acrobazie concettuali di chi fa questo tipo di studi quando si decide ipotizzare un fattore causale piuttosto che un altro, quello che stride è la forte divergenza degli stipendi tra una città ed un’altra. Il cittadino medio si aspetterebbe un’equa distribuzione dei proventi, in modo da potersi spostare quando vuole, senza considerazioni di sorta. Invece, si ha la sensazione che vivere in una città o in un’altra della stessa nazione, in Italia è come stare in due Stati diversi. Sarà un’anomalia o una particolarità tutt’italiana, ma così è!