Per il Procuratore calabrese, amatissimo dai cittadini, due occasioni mancate: ministro della Giustizia e responsabile dell’amministrazione penitenziaria. I due incarichi sono andati ad altrettanti colleghi di pari dignità. La prescrizione torna quella di prima: in caso di processi lenti ci ritroveremo con gran parte dei reati prescritti. Un bel balzo nel passato più buio.
Roma – Nicola Gratteri é uno dei magistrati italiani che va di traverso alla politica nostrana in maniera bipartisan. Infatti, dopo il negato ministero della Giustizia arriva il “cartellino giallo” anche per il Dap. Proprio così. Il Procuratore calabrese è stato ancora una volta ad un passo da un’importante nomina ma anche in questa occasione gli è stato preferito qualcun altro. Dopo la bocciatura da ministro della Giustizia nel governo Renzi, non è arrivato il via libera nemmeno per il dipartimento per l’amministrazione penitenziaria. È stato, forse, il veto di Forza Italia a far saltare la nomina di Nicola Gratteri, il procuratore antimafia di Catanzaro a direttore delle carceri? E’ proprio cosi?
Difatti a chi di dovere poco importano la sua competenza ed il gradimento espresso dalla polizia penitenziaria. Il nuovo capo Dap, infatti, é Giovanni Russo, procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia. In realtà il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, avrebbe voluto confermare Carlo Renoldi, magistrato ultragarantista contro l’antimafia. A quanto pare, invece, sarebbe stato il sottosegretario di Fdi Mantovano a proporre Russo, già Pm anticamorra a Napoli, che rappresenta Magistratura Indipendente, la corrente conservatrice del parlamentino togato.
Certamente preparato e perbene, dicono in tanti, non ha assunto posizioni critiche su ergastolo ostativo o 41-bis e non è sicuramente un decisionista dall’immediata reazione. Proprio questo suo temperamento, che in molti definiscono moderato, ha consentito di spostare su di lui il piatto della bilancia. Ma per la verità, sempre secondo i bene informati all’interno del dipartimento, la nomina di Russo soddisfa un po’ tutti, forse perché la forte personalità ed il carattere “interventista” di Gratteri faceva e fa paura a molti. Nel frattempo Nordio prepara la tanto attesa riforma della giustizia.
“Trojan incivile, ma non si interverrà sui reati di mafia – ha affermato Carlo Nordio – Un mafioso vero non parla al telefono. Persino Napolitano è stato sfiorato. Il trojan può essere usato come era all’inizio, e cioè in casi eccezionali di gravissima pericolosità nazionale, diciamo pure come per la mafia ed il terrorismo. Per il resto non è ammissibile”.
Contemporaneamente per la prescrizione si tornerà alla legge Orlando, cancellando in tal modo la “spazza-corrotti” di Bonafede.
Non più, dunque, la prescrizione bloccata definitivamente dopo il primo grado, con il meccanismo della improcedibilità in Appello voluta dall’ex Guardasigilli Marta Cartabia, ma la vecchia e storica prescrizione che dura fino al terzo grado di giudizio. Con la conseguenza che se il processo è lento si arriva direttamente all’estinzione del reato contestato. Nel contempo il governo Meloni vara il pacchetto immigrazione, introducendo il nuovo codice di condotta per le Ong. Ma l’esecutivo va in fibrillazione sino all’ultimo istante prima dell’inizio della riunione del Cdm.
In sostanza il ministro della Giustizia Nordio impone una regola di metodo, anzi di competenza, in quanto le norme contro il “femminicidio” devono portare la firma del Guardasigilli e non del ministro dell’Interno. Così il provvedimento verrà suddiviso e frazionato con il risultato che le misure di contrasto alla violenza contro le donne sono state rinviate sine die.