Ci sono ancora molti dubbi sulla morte della giovane moldava che faceva anche la bracciante agricola in nero per sbarcare il lunario. Gli inquirenti ritengono che sia stata uccisa e poi appesa alla trave del casolare diroccato. Rimangono in carcere i due rumeni sospettati di omicidio. Le indagini proseguono.
RAMACCA (Catania) – Ma chi era davvero Vera Schiopu, la baby-sitter moldava di 25 anni, ritrovata impiccata all’interno di un casolare diroccato? La vittima del sospetto suicidio, infatti, non risulterebbe censita presso l’anagrafe di Ramacca, Comune in provincia di Catania, dove ricade contrada Polmone, una vasta area agricola in cui la donna viveva dentro una casa rurale.
A qualche centinaio di metri dall’abitazione di fortuna insiste il rudere all’interno del quale, nella serata dello scorso 19 agosto, la giovane è stata ritrovata cadavere. Anche il suo compagno rumeno, Gheorghe Ciprian Apetrei, bracciante di 33 anni, non figurerebbe nei registri municipali mentre il loro conoscente, Costel Balan, 31 anni, agricoltore di origini rumene, sarebbe regolarmente censito presso il Comune di Palagonia, poco distante da Ramacca. La vicenda ruota intorno alle risultanze del ritrovamento del cadavere e al racconto dei fatti reso da Balan agli inquirenti.
Come spesso sarebbe accaduto Vera e Gheorghe, ubriachi, avrebbero iniziato a litigare davanti casa. Al culmine dell’alterco il fidanzato avrebbe spintonato la ragazza che sarebbe caduta per terra. Nell’impatto col terreno, sempre secondo la versione di Balan, Vera si sarebbe ferita al capo e avrebbe perso sangue da una profonda escoriazione. Subito dopo la ragazza si sarebbe ripresa ma è proprio a questo punto che Balan giura di essere andato via, più precisamente in direzione di Paternò, per la pausa pranzo.
L’uomo sarebbe rimasto distante dall’abitazione dove viveva la coppia dalle ore 13 alle 17 e indica testimoni oculari e alcune telecamere stradali che l’avrebbero ripreso proprio in quegli orari e comunque nel territorio del comune limitrofo a quello di Ramacca. Alle 17.20 il contadino sarebbe ritornato nel suo fondo agricolo dove Gheorghe e Vera avevano domicilio nonostante non avessero un contratto di affitto con il contadino rumeno.
Balan incontrava il conterraneo Apetrei, ancora ubriaco, che avrebbe sostenuto di non sapere dove si trovasse Vera. Qualche minuto dopo l’agricoltore sentiva un urlo e tornava sui suoi passi: era Apetrei che aveva trovato la ragazza impiccata ad un tramezzo del vecchio rudere. Balan, a questo punto, chiamava il 112 con il telefonino mentre suo fratello, che non risulterebbe indagato, si allontanava dal fondo agricolo forse impaurito per quanto era accaduto. Sul posto giungevano i carabinieri ed i soccorritori del 118 ai quali non rimaneva altro che constatare il decesso della giovane.
I paramedici però si accorgevano anche di altro: il cadavere della donna si trova in ginocchio mentre la sua testa è legata ad una corda intrecciata, forse di nylon, che a malapena avrebbe potuto reggere il peso del corpo. Anche i carabinieri si accorgono delle stranezze di quel suicidio e riferiscono ai superiori della Compagnia di Palagonia e del nucleo investigativo del Reparto operativo del comando provinciale di Catania, coordinati dalla Procura di Caltagirone.
I sospetti che quel suicidio non sia altro che un omicidio mascherato alla meno peggio sono diversi tant’é che il procuratore capo facente funzioni Alberto Santisi e il sostituto Alessandro Di Fede, chiedono e ottengono dal Gip il fermo di polizia giudiziaria per i due rumeni con l’accusa di omicidio in concorso. Non è ancora chiaro il ruolo contestato a ciascuno degli indagati e quale siano i particolari salienti che abbiano indotto i carabinieri a ritenere il suicidio della donna una messinscena per coprire un vero e proprio femminicidio.
Da indiscrezioni sembra che a fare nascere forti dubbi agli investigatori siano stati più elementi: la dinamica del suicidio, i rilievi scientifici compiuti dal Ris, le tracce di sangue ritrovate nel casolare e alcuni elementi nelle testimonianze dei due indagati in contrasto fra loro. Pare anche che Costel Balan, proprietario o nel possesso del fondo agricolo dove si è consumata la tragedia, avesse concesso a Vera e Gheorghe di vivere in quella casa, in condizioni fatiscenti, senza che fra i tre vi fossero rapporti di amicizia. La ragazza moldava ed il suo compagno rumeno si erano conosciuti l’anno scorso su Tik-Tok e avevano deciso di convivere.
Davanti al Gip calatino, durante l’interrogatorio di garanzia, Apetrei si è avvalso della facoltà di non rispondere mentre Balan, alla presenza del difensore di entrambi, l’avvocato Alessandro La Pertosa, ha reiterato la sua versione dei fatti professandosi innocente. I due, però, rimangono in carcere con la medesima accusa mentre le indagini proseguono a tutto tondo.