Caso Mollicone, giustizia senza verità. Dopo 23 anni il killer non ha ancora un nome

L’assoluzione della famiglia Mottola, come prima quella del carrozziere Carmine Belli, lascia irrisolto il delitto della studentessa di Arce.

ARCE (Frosinone) – I Mottola tutti assolti anche in secondo grado. Questo è stato il verdetto della Corte d’Assise e d’Appello di Roma nel processo per l’omicidio di Serena Mollicone, la diciottenne studentessa di Arce morta ammazzata 23 anni fa. Il delitto dunque ed il suo o i suoi esecutori rimangono ancora oggi un mistero. Per l’ex maresciallo comandante della caserma dei carabinieri di Arce, Franco Mottola, il figlio Marco, la moglie Anna Maria e i carabinieri Francesco Suprano e Vincenzo Quatrale è stata confermata la sentenza di primo grado. I sostituti procuratori generali Francesco Piantoni e Deborah Landolfi avevano chiesto la condanna a 24 anni per Franco Mottola, a 22 anni per il figlio Marco e per la moglie Annamaria.

Mottola, padre e figlio, dopo la seconda sentenza di assoluzione

Per Francesco Suprano avevano chiesto 4 anni, dopo che l’imputato aveva rinunciato alla prescrizione del reato mentre per Vincenzo Quatrale i requirenti avevano confermato l’assoluzione. Alla lettura del dispositivo, il 12 luglio scorso, redatto dopo 3 ore di camera di consiglio, gli imputati hanno abbracciato i propri avvocati visibilmente commossi e Francesco Suprano è scoppiato in lacrime. Silenzio, amarezza e sconforto fra le parti civili chiamate anche al pagamento delle spese processuali in quota parte per chi aveva proposto appello. Lacrime amare anche per Maria Tuzi, la figlia del vicebrigadiere Santino, morto suicida nel 2008 dopo la sua dichiarazione di aver visto Serena entrare in caserma dalla quale poi non sarebbe più uscita, per lo meno viva.

I Mottola si sono sempre professati innocenti: “Ho sempre detto che non c’entravamo niente – ha asserito Franco Mottola fuori dall’aula – siamo estranei da sempre al delitto”. Il figlio Marco non ha esitato a prendersela con i giornalisti nonostante le conferenze stampa organizzate dalla famiglia Mottola durante i momenti cruciali dell’inchiesta quando i cronisti sono risultati utili per diffondere la loro verità: “Lo avete causato voi questo incubo”, ha detto Marco Mottola per poi lasciare in auto la città giudiziaria capitolina: ”La giustizia in Italia ha una caratteristica: è lenta, ma poi arriva – ha aggiunto l’avvocato Francesco Germani, penalista di fiducia dei tre assolti – E in questo caso è arrivata due volte”. Delusione ma anche tanta forza e speranza tra i familiari di Serena che non si arrendono: ”Ho il dovere di fare in modo che la giustizia e la verità emergano perché mi sembra che non siano ancora emerse – ha detto Antonio Mollicone, zio di Serena – Noi andremo fino in fondo affinché si persegua la giustizia”. “Sono amareggiata, questa non è giustizia, proprio no”, ha aggiunto Consuelo Mollicone, sorella della vittima. A farle da eco la figlia del sottufficiale che si sparò un colpo di pistola: “Voglio giustizia – ha ribadito con gli occhi lucidi Maria Tuzi voglio che abbia giustizia anche mio papà…”.

Carmine Belli, assolto per non aver commesso il fatto

A questo punto bisogna chiedersi se, anche stavolta, la verità giudiziaria sia coincisa davvero con la verità reale. Se cosi è chi ha ammazzato Serena e perché? La ragazza sparisce il 1 giugno del 2001. Quella mattina esce di casa presto, dopo aver preparato la colazione al padre Guglielmo, ex insegnante, con cui vive sola dalla scomparsa della mamma. Serena deve andare all’ospedale di Sora dove ha un appuntamento per una panoramica ai denti. Da quel momento la studentessa impegnata nel sociale e nella lotta alla droga si dileguerà come un fantasma. Il suo corpo senza vita verrà ritrovato due giorni dopo, abbandonato accanato ad un mucchio di rifiuti nel bosco di Fonte Cupa, in località Anitrella. Mani e piedi legati, nastro adesivo su naso e bocca, e un sacchetto dell’Eurospin in testa.

Per l’omicidio della studentessa e per l’occultamento del suo cadavere verrà arrestato, dopo indagini lacunose e frammentarie, Carmine Belli, carrozziere, il cui processo a carico si apriva il 14 gennaio 2004 davanti alla Corte d’Assise di Cassino. La pubblica accusa chiamava a testimoniare 57 persone mentre ben 150 erano i testimoni chiamati in causa dai legali della difesa. La vicenda giudiziaria di Belli si risolverà con un’assoluzione per non aver commesso il fatto. Proscioglimento anche per i Mottola. Punto e a capo.

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