E’ quella rivolta al Comitato di presidenza dai togati di Area, Md, Unicost, gli indipendenti Fontana e Mirenda, e tre membri laici.
Roma – Una “richiesta urgente” di apertura di pratica a tutela “della indipendenza e autonomia dei magistrati del collegio giudicante, e in particolare del suo presidente, e della stessa magistratura”. E’ quella rivolta al Comitato di presidenza del Csm, con un documento depositato stamane, dai togati di Area, Md, Unicost, gli indipendenti Fontana e Mirenda, e 3 laici – Roberto Romboli (eletto in quota Pd), Michele Papa (M5S) ed Ernesto Carbone (Iv) – con riferimento ai giudici bolognesi che, nei giorni scorsi, hanno disposto il rinvio alla Corte di Giustizia Ue sul decreto ‘Paesi sicuri’. Quanto ai togati di Magistratura Indipendente, hanno sottoscritto la richiesta di apertura pratica Paola D’Ovidio, Eligio Paolini, Dario Scaletta ed Edoardo Cilenti, mentre non hanno firmato Bernadette Nicotra, Maria Luisa Mazzola e Maria Vittoria Marchianò.
Nel documento depositato al Comitato di presidenza si ricorda che l’ordinanza di rinvio pregiudiziale
alla Corte di Giustizia Ue adottata dal tribunale di Bologna “ha formato oggetto di dichiarazioni fortemente polemiche di titolari di altissime cariche istituzionali; dichiarazioni in nessun modo correlate al merito delle argomentazioni giuridiche sviluppate nell’ordinanza e gravemente delegittimanti dei magistrati che l’hanno pronunciata e di tutta la magistratura”.
Tali dichiarazioni, scrivono ancora i consiglieri firmatari del documento, “sono state inoltre accompagnate e seguite, su alcuni organi di stampa, dalla esposizione mediatica di fatti e atti della vita del presidente del collegio giudicante, non limitata agli interventi pubblici svolti da quest’ultimo nel corso degli anni ma attinente direttamente alla sfera della sua vita privata e familiare. Questa situazione determina una inaccettabile pressione sui giudici che hanno emesso l’ordinanza suddetta e un obbiettivo condizionamento per quelli che in futuro si dovranno occupare delle medesime questioni; essa, pertanto, vulnera l’indipendenza dell’intera magistratura”.
Sempre nel documento, si sottolinea inoltre che l’ordinanza dei giudici bolognesi “è priva di contenuto decisorio, ma si limita ad attuare il disposto dell’articolo 267 Tfue, alla cui stregua tutti gli organi giurisdizionali degli Stati membri possono (e quelli di ultima istanza devono) interpellare la Corte di
giustizia sulle questioni, rilevanti in causa, relative all’ interpretazione dei trattati e degli atti delle istituzioni,
degli organi o degli organismi dell’Unione”. Alcuni dei consiglieri che hanno sottoscritto la richiesta di
apertura della pratica a tutela – gli indipendenti Fontana e Mirenda, la togata di Md Miele e il togato di Area Cosentino -parteciperanno oggi pomeriggio all’assemblea indetta dall’Anm di Bologna.
“I continui attacchi mediatici ai giudici che assumono decisioni sgradite al potere, ci costringono a prender nuovamente parola per denunciare le ferite che questo abusato triste copione reca anzitutto alle
istituzioni del Paese. Non si accetta l’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario, non si tollera che i giudici si esprimano senza assecondare la volontà ed i programmi del governo e della sua maggioranza”. Così aveva detto la Giunta esecutiva centrale dell’Associazione nazionale magistrati aggiungendo che “si respira un’aria pesante”.
“Confidiamo – concludeva l’Anm – fermamente che tornino a prevalere il rispetto istituzionale e la ragione democratica”. Nel corso della trasmissione Tagadà su La7, il presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, ha sottolineato: “Lunedì sarò a Bologna per una assemblea straordinaria che testimonia il clima di inquietudine per questo modo di fare della politica, dei media che sono intorno all’attuale maggioranza di governo che priva di serenità il lavoro dei magistrati: non si può far nulla che si è etichettati ex post come magistrati politicizzati. Fai un provvedimento che non piace e diventi ‘rosso’ e questo è inaccettabile”.