Ad oggi sono 236, e sono 100 mila le posizioni da vagliare. Non solo emergenza dietro le sbarre tra sovraffollamento e caos.
Roma – Non solo l’emergenza all’interno delle carceri, da Nord a Sud. Ma anche la situazione dei tribunali di Sorveglianza in Italia che può essere definita drammatica. Giovanni Maria Pavarin, ex giudice di sorveglianza ed ex responsabile del Coordinamento nazionale magistrati di Sorveglianza (Conams), sottolinea che “i 236 magistrati impiegati nei 29 tribunali sono chiamati a decidere su un numero altissimo di fascicoli, ne servirebbero mille in più”.
“Lavorano a ritmi incessanti – spiega – ma ad oggi sono circa 100 mila le posizioni al vaglio, solo per quanto riguarda i condannati in stato di libertà che devono espiare pene uguali o inferiori a 4 anni. Gente che attende di conoscere il proprio destino, se il carcere o le pene alternative”. Fare una stima di quanti siano i magistrati necessari per potere fare viaggiare la macchina in modo più spedito “è impresa complessa ma sicuramente raggiungeremmo le tre cifre: servirebbero sulla carta almeno 1000 magistrati in più – aggiunge -. Ad oggi è inutile dire, come ha fatto il ministro Nordio, che ci sono 5000 mila detenuti in attesa di tornare in libertà“.
Negli uffici di Sorveglianza “si lavora già molto di più rispetto agli uffici Gip o Gup. Da noi mancano anche i cancellieri che sono fondamentali per fare andare avanti il lavoro”. Per Pavarin la situazione sul territorio è complessa ma ci sono realtà dove maggiori sono le criticità. “I distretti più in difficoltà sono quelli di Napoli, Milano ma anche Roma che è chiamata a decidere sul 41 bis. I miei sono solo esempi, basta pensare anche a Trieste, dove sono stato presidente del Tribunale, sono tre i magistrati al lavoro invece di 6″.
Attualmente, i magistrati di sorveglianza svolgono un ruolo cruciale: oltre a gestire le istanze di permessi e liberazioni anticipate, sono responsabili della supervisione del trattamento e della reintegrazione dei detenuti. Tuttavia, con un numero così ridotto di magistrati rispetto alle esigenze reali, è evidente che sono sottoposti a una pressione eccessiva, che può portare a errori di valutazione e a ritardi nei procedimenti.