CAIVANO – CONTINUA IL PROCESSO SULLA MORTE DEL PICCOLO NINO GIGLIO. LA MADRE: NON L’HO BUTTATO IO DALLA FINESTRA

Il contesto sociale dove si sono consumati i due delitti è di massimo degrado e depravazione. Bambine abusate da orchi che contavano sull'omertà e sulla complicità degli stessi familiari poi accusati da altri parenti.

Caivano “…Non l’ho spinto giù dalla finestra, si è sporto lui per vedere un elicottero…”. A parlare così è Marianna Fabozzi, 37 anni, mamma di Antonino Giglio, il bimbo di 4 anni caduto nel vuoto dal settimo piano dello stabile 3, scala C, del complesso popolare Parco Verde di Caivano il 27 aprile del 2013.

La donna, nel novembre scorso, era stata rinviata a giudizio per l’omicidio volontario del figlio e si trovava già in stato di detenzione a seguito di sentenza definitiva con condanna a 10 anni di reclusione, per complicità in violenza sessuale sulla figlia.

Per la morte del piccolo Nino è stato rinviato a giudizio anche Raimondo Caputo, 48 anni, accusato di favoreggiamento ma già condannato all’ergastolo per la morte e gli abusi sessuali inflitti alla piccola Fortuna Loffredo detta “Chicca”, la bimba di 6 anni che l’orco aveva tentato di violentare ancora e che, al suo rifiuto estremo, aveva gettato dalla finestra dell’ottavo piano del medesimo stabile dell’orrore.

Fortuna Loffredo detta Chicca

Gennaro Giglio, padre del povero Nino, ha sempre puntato il dito contro la ex moglie Marianna Fabozzi accusandola della morte del figlioletto. La donna, sin dalle prime fasi dell’indagine, si era dichiarata innocente sostenendo che il bambino era caduto nel vuoto per una disgrazia. Nino, secondo la donna, avrebbe perduto l’equilibrio nel tentativo di vedere meglio un elicottero dei carabinieri che sorvolava la zona.

Il bambino si sarebbe dunque sporto troppo dalla finestra finendo sul selciato. Ad accusare la donna ed il suo ex convivente ci sarebbero almeno tre persone che a suo tempo avevano rivelato la loro verità davanti al Gip Pietro Carola che, in atti, esprimeva dubbi e perplessità sulla posizione di Raimondo Caputo il quale, caduto in diverse contraddizioni, avrebbe anche tentato di costringere la sorella a rendere false dichiarazioni per crearsi un alibi.

Marianna Fabozzi

L’uomo avrebbe imposto alla congiunta di non dire ai magistrati che si trovava in casa della nonna di Antonio nel momento in cui il bambino cadeva dalla finestra. Il giudice per le indagini preliminari andava oltre e spiegava per bene l’evolversi dei fatti delittuosi:

“…La versione resa dalla zia di Chicca Fortuna, tale Maddalena Guardato, nel dire che alcune voci avrebbero accusato Marianna Fabozzi di aver spinto il figlioletto oltre la ringhiera hanno trovato conferma nelle dichiarazioni di Antonietta Caputo, testimone oculare…”.

Quest’ultima, infatti, aveva riferito agli inquirenti di aver visto, riflessa in uno specchio, Marianna Fabozzi mentre spingeva il figlio nel vuoto. La testimonianza avrebbe trovato conferma in almeno due occasioni: la prima in una registrazione audio in cui la stessa Antonietta Caputo avrebbe riferito ai parenti di aver visto Marianna Fabozzi mentre lanciava dalla finestra il piccolo Antonio Giglio; la seconda riguardava l’assenza di impronte digitali del bambino sul davanzale della finestra:

Raimondo Caputo detto Titò

”…Tutto il resto – evidenziava il Gip Carolasono solo ipotesi e supposizioni…”. Ma c’è di più. Mario Della Valle, compagno di cella di Raimondo Caputo, aveva riferito agli investigatori una confidenza che gli avrebbe fatto l’assassino di Chicca: ”…Titò (soprannome di Caputo) mi aveva detto che non era stato un incidente la morte di Nino – rivelava Della Vallema che era stata la madre a buttarlo dalla finestra. Titò era stato costretto a difendere la compagna per evitare che questa potesse confessare altri particolari ripugnanti sulla morte di Chicca…”.

Dopo la formulazione dell’accusa di favoreggiamento per Caputo, quest’ultimo pur di difendersi si sarebbe arrampicato sugli specchi: ”…Sono stato accusato ingiustamente di favoreggiamento dell’omicidio del figlio della mia ex compagna – aveva detto Titòmentre ero a casa a Santa Barbara, venne mia sorella e mi mise al corrente che Marianna Fabozzi aveva fatto cadere il bambino dalla finestra…”.

Parco Verde di Caivano

La prima udienza del processo (a suo tempo archiviato come incidente domestico) si è svolta, dopo due rinvii, con gli imputati in videoconferenza. La seconda assise processuale è stata fissata per il prossimo 20 aprile durante la quale verrà ascoltata Antonietta Caputo, sorella di Titò e teste chiave nell’inchiesta. Importante il contesto di depravazione e degrado nel quale si sarebbero consumati i delitti.

 

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