Bracciante perde un dito ma il caporale lo obbliga a dichiarare l’incidente domestico

Arrestato il marocchino a capo del sistema di reclutamento smantellato dai carabinieri a Castelfiorentino dopo la denuncia del lavoratore ferito. Paghe irrisorie e condizioni disumane.

Castelfiorentino (Firenze) – Un’organizzazione dedita allo sfruttamento di braccianti agricoli è stata scoperta dai carabinieri a Castelfiorentino, in provincia di Firenze, con ramificazioni nelle campagne di Firenze, Prato e Siena. Al centro dell’inchiesta un marocchino, arrestato e posto ai domiciliari con braccialetto elettronico, accusato di caporalato, lesioni colpose aggravate, impiego di lavoratori senza permesso di soggiorno e violazioni delle norme su igiene e sicurezza sul lavoro. L’indagine, partita nel giugno 2023 dalla denuncia di un operaio ferito, ha portato all’identificazione di 18 lavoratori marocchini sfruttati, di cui otto privi di documenti validi per lavorare in Italia.

Tutto è cominciato grazie al coraggio di un bracciante marocchino, irregolare sul territorio italiano. Nel giugno 2023, l’uomo si è presentato ai carabinieri per denunciare le condizioni disumane in cui era costretto a lavorare. Durante la potatura di un ulivo, si era gravemente ferito a una mano, subendo l’amputazione di un dito. Su pressione del “caporale”, aveva dichiarato al pronto soccorso che l’incidente fosse avvenuto in casa, ma la verità è emersa: dietro l’infortunio c’era un sistema di sfruttamento ben rodato. La sua testimonianza ha acceso i riflettori su una realtà nascosta tra Empoli e Castelfiorentino, base operativa di un giro di reclutamento di lavoratori stranieri in stato di bisogno.

I carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Firenze hanno ricostruito un’organizzazione che impiegava “squadre” di operai agricoli per compiti essenziali: potatura di viti e ulivi, raccolta di uva e olive, caricamento di gabbie per pollame. I 18 braccianti identificati, tutti marocchini, lavoravano per giornate interminabili, spesso oltre le 12 ore, ricevendo una paga irrisoria e incerta, lontana dai minimi di legge. Gli alloggi? Tuguri inadeguati, privi di condizioni igieniche dignitose. Otto di loro, senza permesso di soggiorno, erano particolarmente vulnerabili, costretti ad accettare qualsiasi imposizione pur di sopravvivere.

L’indagato, un marocchino residente da anni in Italia, gestiva il trasporto dei lavoratori con un’auto e un furgone, ora sequestrati, e tratteneva parte dei profitti illeciti. Gli inquirenti hanno anche confiscato una somma di denaro, considerata il frutto dello sfruttamento. Non si esclude che il “caporale” abbia coinvolto lavoratori di altre nazionalità, sfuggiti ai controlli, ma su questo le indagini proseguono.

Dopo mesi di accertamenti, i carabinieri hanno chiuso il cerchio. L’uomo è stato posto agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, accusato non solo di caporalato, ma anche di lesioni colpose aggravate per l’incidente del bracciante ferito, oltre che di violazioni multiple in materia di sicurezza e igiene sul lavoro. “Un sistema collaudato”, lo definiscono gli investigatori, che approfittava della disperazione di chi, senza alternative, accettava condizioni al limite della schiavitù. Le aziende agricole che si servivano di queste “squadre” sono ora sotto la lente della Procura di Firenze, che valuta eventuali responsabilità dei committenti.

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